Cangelosi Calogero: (il poeta randagio) è nato a Poggioreale (TP) il 14 Aprile 1946. Premio alla carrieraLa giuria del concorso letterario internazionale "Antonio Filoteo Omodei - Pensieri in versi" 2015, presieduta dalla dott.ssa Carmela Tuccari, ha conferito il Premio alla carriera al poeta e scrittore Poggiorealese Calogero Cangelosi (Gigi). L'importante riconoscimento è stato assegnato all'Autore per l'impegno profuso nei suoi 50 anni di carriera letteraria e poetica, distinguendosi per l'originalità, lo sperimentalismo linguistico-letterario e per il recupero delle tradizioni orali e sociali di Poggioreale. Inoltre, per il valore pedagogico dei suoi scritti, a cui va aggiunto il carisma poetico dalla ricca espressività lirica e contenutistica. Il premio gli sarà conferito ufficialmente il 14 giugno durante la cerimonia che si svolgerà nell'artistica chiesa di San Giovanni Bosco a Verzella-Castiglione di Sicilia, alla presenza di autorità. La manifestazione culturale, che è organizzata dall'Accademia Internazionale Il Convivio in collaborazione con il 'Museo Valle Alcantara', rende omaggio alla città di Poggioreale, segnata dallo storico terremoto del 14 gennaio 1968, conferendo anche un premio speciale per la testimonianza storica all'opera pittorica e poetica "Tra i ruderi di Poggioreale" delle autrici Rosalba Urru (pittrice) e Maria Luisa Robba (poetessa).Addetto alla comunicazione Enza Conti =°=°=°=°=°=°=°=°=
I lettori di Carta e Penna possono leggere il racconto a puntate in dialetto siciliano Ascári ligna...
UNUDaniele scinniu d'accavaddu la mula, si tirau appressu lu bummuliddu cu l'acqua frisca e lu pusau 'n mezzu li fratti a lu friscu, misi li pasturi a la mula e si nni jiu a travagghiari.Avia lavuratu la terra e tutt'intornu c'eranu pezzi di lignu siccu, pani pi' l'invernu. Pigghiau li cugna e la mazza, si misi un fazzulettu a lu coddu e cuminciau a rumpirili usannu cugna di tanti dimensioni, nichi e granni: c'eranu puru cugnicedda. Ogni tantu 'n mezzu li ligna di ascári truvava quarchi attuppateddu e si lu mittìa 'n sacchetta. Sempri 'na musica. La matina a li cincu 'n terra invernu ed estati: lu tempu di manciari quarchi cosa e...campagna e zappari e sudari sempri. Li tempi cancianu ma pi' Daniele la vita è sempri la stessa. Versu li deci e 'n mezzu la prima sosta: mancia... Tira fora di la vertula pani, tumazzu, alivi nivuri: lu ciaschiteddu di vinu nun manca mai. Ascàri ligna di la matina a la sira, sudari setti cammisi pi' fari studiare lu figghiu pi' maestru. Risparmiari finu a l'ossu e nun taliari mai comu gira lu suli. Un jornu a fari gammitti pi' l'acqua di 'na punta a l'avutra di terri senza fini: iddu adduatu a jurnata. Un jornu arriciuppari alivi, o mennuli di 'n terra cu lu permissu di li patruna. Cantari canzuna stunati e pinzari a li so' parenti in America.. E quannu quarcunu ci dumanna: - Daniele, tu picchi nun partisti?-. -L'aria - rispunni tranquillu Daniele - nun ci giuvava a me mugghieri,- e tira a travagghiari pinsannu a lu suli chi gira a scinniri e a lu riposu 'nta un funnu di lettu unni pusari l'ossa stanchi. Stasira un piattu di virdura pane e tumazzu, du' ficu sicchi, rapiri lu rubinettu di li sonni e dormiri.
continua... =°=°=°=°=°=°=°=°=
Conobbi il Prof. Calogero Cangelosi durante una conferenza tenuta presso l’Associazione Culturale L’Ottagono Letterario. Si faceva notare. Parlava moltissimo con voce tonante. Si agitava in continuazione, faceva presente che firmava i suoi scritti con l’appellativo Poeta Randagio, mi sembrò una denominazione confusa e triste. Non riuscivo a capire se si trattasse di un atteggiamento bohémien o di contestatore del 1968. Lessi i suoi racconti sulla rivista Il Convivio, stavano in un limbo nebuloso, tra favola, sogno, fantasia, insegnamento moralistico; non conoscevo le sue poesie, tuttavia non riuscivo a comprendere la personalità di questo scrittore. Ma la vita è complicata, arrotola e dipana i fili di ognuno di noi nei modi più impensati. Non lo incontrai per un certo periodo, seppi che gravi problemi di salute lo affliggevano. Poi ritornò, portando una serie di poesie scritte durante il doloroso periodo e successivamente pubblicate. Fu un’esplosione cosmica! Poesie profondamente belle, di una tenerezza struggente (da Le Ore interrotte: il sonno cerca riposo / lanterne accese tutta la notte); di una malinconia che cerca riscatto nella speranza (da Dorme il Poeta: il giorno dei sorrisi gratis / ondeggia in attesa della primavera); di un amore infinito per la famiglia (da Le ore interrotte: dai tuoi sguardi il sorriso piegava / allusioni e ricordi); un ricordo mai ovvio dell’infanzia e della giovinezza passata (da L’infanzia tornata: richiamo ai giorni più allegri / ai giochi costruiti nei cortili); un ritmo essenziale, scarno, ma ricco di vitalità e armonia. È stata la rivelazione di un poeta a tutto tondo, dall’animo sensibile, c’era in lui il “fanciullino” semplice, pensieroso, pieno di fede; il suo atteggiamento un po’ brusco nasceva da una timidezza che voleva nascondere i dettami del suo cuore. Sulle sue prose e sulle sue tantissime poesie non mi permetto di fare recensioni che altri più autorevoli di me hanno già fatto in modo eccellente, ma gioisco per aver conosciuto un autentico poeta che scrive non per autoesaltazione o per premiazioni varie, ma per celebrare con i suoi versi l’emozione della vita che porta alla ricerca della verità e dell’Assoluto.
poetessa
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Con Carta e Penna ha pubblicato:
LABORATORIO DI POESIE RANDAGIE |
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Illustrato da Cinzia Romano La DucaIn questa nuova raccolta poetica Calogero Cangelosi collabora con la pittrice Cinzia Romano La Duca che ha arricchito col suo tratto pulito e sicuro i versi del Poeta randagio. I testi sono commentati dalle recensioni di Clotilde Cardella, Maria Elena Mignosi Picone, Gaetano Zummo, Cinzia Romano La Duca e Rosa Mingoia. |
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BARATRO, FANTASIA E... [DIECI STANCHE POESIE (QUASI COME UN RACCONTO)] |ILLUSTRAZIONI DI CINZIA ROMANO LA DUCA |
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IL MARE E LA BOTTIGLIA |
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NOSTALGIE DI CAMPANE AL TRAMONTO |
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Calogero Cangelosi (il poeta randagio) è nato a Poggioreale (TP) il 14 aprile 1946. Laureato in lettere classiche ha conservato sempre il suo amore per la campagna e per le cose semplici. Molto ha letto fin da giovane sulla poesia e sul teatro. Ha scritto poesie, drammi, romanzi, racconti, commedie teatrali, poemi, saggi critici.
Alcune liriche tratte dal nuovo libro:
SEDUTO
Seduto, novant’anni trascorsi, davanti la porta di casa che quasi le macchine ti sfiorano ascolti rumori nascosti dal ponte e dal ruscello che scorre monotono a note confuse con impennate improvvise: l’acqua crea rumori che abbracciano la mente ed il cuore.
28/08/20
...ORA SI ALZA
....Ora si alza e guarda lontano i suoi sogni cresciuti in campagne senza nome i suoi figli partiti lontano per lavoro e per fame. In lontananza note confuse con l’ondeggiare di rami che sbattono al vento e chiamano a raduni puntuali. Un marciapiede per contare i pochi passi e sgranchire le gambe delle salite in montagne quando il tempo non costava fatica e i sogni non avevano limiti. (NOSTALGIE) perché?...
28/08/20
IL VICINO CHE PASSA E SALUTA
...Il vicino che passa e saluta crea piacevole compagnia ai giorni di ore uguali sempre e senza colori. La donna porge la sedia e i racconti di anni a decine riempiono il cielo di note a singhiozzo: ricordi, si ricordo. E ancora lontano rimbomba un suono di campane caro al tempo trascorso.
28/08/20
... continua
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IL POEMA DELLE COSE IMPOSSIBILI |
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AAppesi alla finestracoriandoli di sogni aspettando il giorno del sole buono. Non arrivano saluti: gli occhi pronti a cancellare nei singhiozzi spenti lacrime frenate. Il silenzio parla di ferite che il giorno nasconde in mari senza fondo. L’avanzo dell’abbandono ha un suono monotono che richiama le ultime gocce d’acqua cadute dal secchio a catena: cigolano rintocchi che offendono cuori tessuti -non ricordo-. Ora verranno le stagioni degli alberi senza foglie: occhi senza lacrime. Nel sonno della dimenticanza correranno gli anni della memoria e delle cose lasciate a metà: al tocco delle campane solo il suono di colori: scintille di legna. Cento occasioni per dare un nome agli eventi che cambiano la storia e gli umori. Ora il giorno conta eternità nascoste come un piatto di pasta mangiato in fretta e senza gioia. Corri ad affermare un passato per registrare ancora valori scaduti: mille concessioni in fumo nelle grotte per vie che arrossano i sentimenti dell’abitudine. Avere due paia di scarpe e non sapere camminare all’impiedi. Vocabolario senza parole per velleità usa e.., ora tenti nel sonno di tornare alle feste senza senso nottate e luci al neon cappotti senza bottoni: sei ultima. Una fila di gente fa ombra ai tuoi sentimenti non riesci più a sentire l’eco di mani amiche siedi e pensi: domani verbo impossibile vivere e cercare porti più sicuri ... |
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OGNI GIORNO HA IL SUO ADDIO |
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- Dalla prefazione di Clotilde Cardella - Se potessimo affidare i nostri sogni alla poesia, racchiudendoli in un palloncino a forma di cuore, scorgeremmo la malinconia sognante dei versi di Calogero Cangelosi. L’immagine di copertina, realizzata con sapiente bravura da Maria Luisa Robba, consorte dell’Autore, raffigura proprio un palloncino a forma di cuore che vola in alto sullo sfondo dei tetti, il disegno è una perfetta sintesi del desiderio del Poeta di consegnare ad un altrove i suoi ricordi e le sue speranze. La poesia nostalgica, che ha sempre caratterizzato la poetica di Calogero Cangelosi, lascia qui il posto ad una consapevolezza della realtà con i suoi vissuti di gioie e di dolori, infatti i ricordi ci appaiono sempre più dolci di quello che sono stati perché la nostra mente tende ad edulcorare il brutto ed il doloroso. Purtroppo nella vita reale di Calogero il brutto e doloroso è stato devastante e violento, come quei pochi minuti in cui un terremoto distrusse il suo paese, Poggioreale, in una notte di gennaio del 1968. Molti amici e compagni di gioco lasciarono il paese per altro continente (tra sogni rubati alle nuvole vede compagni di gioco e di feste che il lavoro ha portato lontano per sempre) (partenze per terre lontane e la gioia diventava singhiozzo) e questi “addii senza ritorni” hanno scavato un solco nell’animo di quel ragazzo che ha sentito tutto il peso dell’abbandono. Ha dovuto elaborare il dolore attraverso la sua poesia dolente ma immaginifica perché è ricca di speranza e nutrita dal grande amore per la terra contadina (ed ora lento il tempo vorrebbe portare via i sentimenti del cuore che una rondine giocherellona prende al volo e conserva per sempre). Il dolore si trasforma in una condanna al perpetuo ricordo (e verrebbe da piangere sempre, ma si può scrivere ancora, ed è così che ogni giorno ha il suo addio). A versi dolcissimi si alternano asprezze improvvise, il ritmo si spezza, il verso decide di fare da sé, ma poi il poeta riprende in mano la logica delle parole e conclude, a volte, anche con un sospeso. Rimangono infatti i tanti perché irrisolti della poetica di Calogero Cangelosi che in questa raccolta decide di rivolgersi ad un altrove che gli consente di usare la parola Addio. Comprende che la libertà è anche rinuncia, questi addii non sono stridore o frastuono, bensì consapevolezza della loro logica esistenziale. In questa silloge la visione del tempo è decisamente cambiata, prima si notava una predominanza del passato ma rivelato al presente, adesso lo sguardo è più consapevole del domani (chiedere è solo privilegio di età avanzate) i pensieri del vecchio-giovane poeta che (sa sorridere ancora e sa scherzare senza annullare i limiti del buon senso) sono più inclini al distacco ma conservano la freschezza della speranza che un giorno altri uomini possano ritrovare il senso dell’Amore Universale. Nei versi della poesia “Sole stanco al tramonto” la luce del giorno e il buio della notte si avvicendano, ora a inizio poesia ora alla fine, la notte si riempie di silenzi ed il Poeta dice addio ad un altro giorno. Il dialogo che il poeta intesse con l’Albero, dall’omonimo titolo, ne è espressione altissima e poetica. Egli chiede: “Perché parli con me? Hai custodito le mie infanzie, cullato i miei sogni, consolato i miei pianti… ed ora di età quasi vecchia ti ritrovo albero, ci sarà un domani? Ed ora nei vecchi giovani anni, nella mente e nel cuore, tornano gli amici lontani ed i ricordi più cari: e la zabbina ed il pane di casa: mi sdraierò all’ombra dei rami, io come voi… e poi e senza poi…). Nell’ultima poesia della silloge “Se il giorno” Calogero Cangelosi vorrebbe che addirittura il tempo si fermasse per potere afferrare al volo i sogni (perché non c’è tramonto in un cuore che spera e crede sempre). La paura del tempo coglie nello sguardo del poeta-bambino la sua consolazione e offre all’uomo la speranza di un altrove migliore che gli consente di dare ad ogni giorno il suo addio.
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Per i lettori di Carta e Penna ha scelto:
IL CANE E IL VECCHIO |
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Il casolare di Giuseppe, o come tutti lo chiamavano Don Peppino, era in aperta campagna. A confine, d’un lato, un burrone di cui nessuno aveva mai visto il fondo, per fortuna sua, e dai lati rimanenti, a finaituni, grandi distese di canneti e rovi. Qualche ramo di eucaliptus, un albero di mortella, ulivi e tanti altri alberi dove una miriade di uccelli si dava un gran da fare a nidificare e tirare su la prole. Don Peppino, ormai sulla settantina, viveva una di quelle situazioni ideali per quanti pur di fuggire lo smog e quant’altro è ad esso legato, sognano il sole, nel più profondo letargo; Don Peppino ormai era in eremitaggio volontario. Il cane dopo vent’anni di fedele compagnia, serenamente spirato, l’aveva seppellito da tempo. I ricordi della gioventù ogni tanto invadono il suo da fare quotidiano ed allora vorrebbe fuggire: lo ferma il profumo di menta che ha invaso mezza campagna, un pozzo pieno d’acqua cristallina dove il gallo di ferro gira tra tramontana e scirocco; lo fermano le sue galline, i suoi conigli, la capretta ed un asino che si trascina dietro quando va a far legna secca per l’inverno. Certo non ci sono i suoi vent’anni, né il grande mulo, sopra il quale, caricato uno zimmili da una parte e uno dall’altra, sopra lu sidduni, vicino all’aia, si affaticava con il tridente a riempirli di paglia, cibo sicuro per l’inverno ai suoi animali; il suo canto stonato fa fuggire gli ultimi passeri mentre le formiche si fermano a cercare frequenze congeniali al loro correre senza sosta e forse senza un perché, talvolta. ...E canta Giuseppe ed il suo canto è un invito al sogno di chi non arricchirà mai, di chi ama il proprio lavoro. Il sogno si spegne in quella fredda e rannuvolata giornata d’inverno: pagine di vita senza ritorno: compagni d’infanzia per i vari continenti. ...I giorni sono sempre uguali e d’inverno piace partire col gatto, preparare la legna per il camino, mungere la capretta e riempire i polmoni di puro ossigeno. Giornate che inseguono i giorni della vita silenziosa lontano dai baccani della città e da quel cosiddetto progresso che ha finito per distruggere il rispetto per le persone e per gli animali, (questi sconosciuti) e per le cose. Ma in campagna è un’altra cosa, specie ad una certa età, si ripete il copione degli anni passati e don Peppino con la falce in mano oggi si reca a tagliare l’erba per i conigli. Si ferma in mezzo alla campagna dove una piccionaia di legno racconta a qualche raro passante storie di secoli. Più in là il richiamo alla mente delle antiche quindicine del mese di agosto in onore della Vergine Maria, ed i canti, allora come ora, entrano nel cuore a ricordare i segreti dell’eternità. All’improvviso volo di piccione visione tra un raro raggio di sole, un canto, un ricordo, e don Peppino rivive le voci e rivede un ragazzino che saltava di siepe in siepe... E sempre nel cuore i rumori dei rami di un melo selvatico adottato dal vento e dal cuore dell’uomo. E di ritorno un canto sempre lo stesso. Asciugare le poche lacrime con un rosso fazzoletto e continuare a raccogliere il pranzo per i suoi conigli. ...E già scomparso quel raggio di sole improvviso. Il ritorno, la visita alle galline, due uova fresche per una buona frittata. Il vino buono è già nella botte. ...Sono venuti a trovarlo amici e parenti ed è stata una gran festa. Le forze non sono più quelle di una volta, l’entusiasmo invece e la gioia di vivere riempiono i suoi giorni, le sue notti. ...E di notte, ad un sonno che conosce un ritmo soltanto nel girarsi da un lato all’altro, ad un sonno che concede agli occhi un attimo di luce tra le coperte ben strette: la scuzzetta in testa il gatto ai piedi del letto... Le notti a volte riempiono il buio di strani rumori: colori cangianti che sembrano voci o... abbaiare disperato di un cane. Alle due di notte, quando il vento penetra attraverso gli spifferi delle finestre e gocce d’acqua pesante, ad intermittenza, bussano sopra il tetto, un uomo sopra la settantina, trascorsa forse, vorrebbe sentire canto di sirene, trovarsi in mezzo al mare a pescare o leggere le lettere lontane dei figli: invece è sempre l’abbaiare sempre più disperato di un cane, ad intermittenza, continuo. Silenzio improvviso e si sente solo il vento che viaggia alberi e nuvole, che sbatte alla porta di casa, il vento, ma poi il cane riprende ed è un canto d’aiuto invocato, preghiera sottile, bisogno, in quella notte di freddo e di vento. Coperta in spalla, scarpe e prantali ai piedi, scuzzetta in testa, una lampadina tascabile, una lunga corda, un bastone per appoggiarsi. Ed il cane è li, si fa per dire, il suo grido disperato è lì, sale dal buio del burrone, senza nome e senza fondo. ...Senza perdersi d’animo don Peppino lega la corda più volte ad un grosso albero e comincia a luce di lampadina, a scendere a piccoli passi, tra rovi e ghiande, acchiappandosi con le mani: il suo busto è legato alla corda che scivola lentamente: piccoli arbusti di ciliegi selvatici o alberi di mele, sono il suo sostegno. Ogni tanto, tra il guaire del cane, la sua voce risponde ad un dolore improvviso: ruetti ed altre spine feriscono le sue mani ed il suo grande cuore. “Dove sei?”, comincia don Peppino, quando più forte riprende il richiamo, “dove sei?” riprende e poi, “lo sai che io avevo tanti cani, uno addirittura aveva gli occhi di colore diverso... ...Da piccolo avevo pure un gatto grossissimo, bianco, tabbaranu si chiamava, ma forse era meglio chiamarlo cataprasima: non si muoveva di un millimetro nemmeno se i topi gli passavano sotto il naso. Mi senti, sto arrivando. Coraggio, ti salverò.” I metri in discesa di solito sembrano più facili da percorrere, col buio però non si vedono, e don Peppino ad un certo punto ha paura di essersi smarrito. L’abbaiare del cane invece è vicino. Ancora qualche passo. “Ciao, coraggio, ora sono qua.” Il cane lo lecca, gioisce, ma non si muove e don Peppino lo lega di sotto per non farlo scivolare e poi si gira intorno con la poca luce rimasta in cielo: sciopero di stelle stasera: né lucciole. Dialogano soltanto i riflessi del cane e dell’uomo. “Coraggio...” ...e così dicendo don Peppino mette un piede nel vuoto e scivola di qualche metro. Ora al dolore del cane si aggiunge il suo urlo disperato: una gamba non si può più muovere: un dolore senza tempo lo prende, una sottile paura s’insidia nei suoi pensieri, si avvicina come può al cane e gli grida e si grida: “Coraggio”. La notte, di solito, vola soltanto alle feste, alle gite, o quando si è in dolce compagnia; ma sopra il dirupo di un burrone, senza nome e senza fondo, le ore non passano mai, d’inverno specialmente. Il cane ed il vecchio vorrebbero dirsi tante cose con gli occhi ma si è spenta anche l’ultima luce di quella lampadina. L’unica soluzione aspettare che le soluzioni le trovi il giorno, con un po’ di fortuna. La stanchezza, il freddo, ed il sonno a volte vincono il dolore e don Peppino ogni tanto in semi-letargo, rivive i tempi dell’infanzia spensierata quando con poco in tasca, in mezzo alle strade di terra e di pietre, si inventavano giochi e giocattoli: ora mentre il dolore riposa, sta giocando col cerchio di un braciere correndo per le strade in discesa, tenuto ad un freno con un filo di ferro in modo tale da permettere al cerchio di correre in discesa, di salire per strada: il più bravo vinceva. ...Ma il dolore è dolore e non gioca col cerchio né alla fossetta il dolore reclama il suo spazio, non vuole giocare alle bocce, né fermarsi a mangiare fichidindia col coppu. Il dolore reclama il lamento ed il lamento diventa grido di uomo e abbaiare di cane, alle prime luci del giorno. Qualcuno passerà: e difatti come è solito fare ogni giorno, Salvatore passa da lì, col suo carretto in cerca di germogli e canneti per lavorare ai suoi panieri, alle sue ceste. Imparerà un giorno a fare pure li cannizzi, li coffi e li zimmili, che è molto difficile imparare, sembra che dica il suo fiscalettu. Ed il rumore di grida umane arriva alle sue orecchie. Scende dal carretto e si avvicina. Ora sente anche il dolore del cane, ma grida: “Don Peppino!” e don Peppino risponde. “Corri in città, Salvatore, cerca aiuto, con me c’è un cane ferito, non so di chi è, ma è ferito, cerca un veterinario e gente con corde e scale lunghe, siamo qui intrappolati ed io mi sono rotta una gamba...” ...Ora sono tutti lì: il dottore, il veterinario, qualche assessore e tanti tanti curiosi. Su invito di don Peppino per prima si cala giù il veterinario, esamina il cane e poi invita don Peppino a salire. “Dopo, dopo”, è la risposta, “...prima il cane.” “È suo?” chiede il veterinario. “No!" risponde secco don Peppino, tra un misto di dolore e di liberazione. Il cane, dopo che è stato messo su di una cannara, viene issato in salvo, poi tocca a don Peppino. Attorno al cane ed al vecchio si crea un cerchio di persone ed ognuno dice la sua... “Bravo!” “Chi glielo faceva fare?” “Di chi è il cane?” Ed il cane vede il suo padrone e gioisce e muove la coda in segno di festa, ma non può muoversi per ora, ed il padrone si avvicina con gli occhi di tutti addosso...ed il cane è felice e festoso. Qualcuno chiede: “Come mai?”. Ed il padrone risponde: "...è scappato dal finestrino della macchina, all’improvviso, mentre con la famiglia andavamo a trovare degli amici per passare insieme alcuni giorni... è saltato giù a circa dieci chilometri da qui e non l’abbiamo più visto... Il vecchio alza la schiena, lo guarda misto di pena e pietà: “La prossima volta che andate a trovare gli amici, tenetelo chiuso il finestrino della macchina, chiuso.” |
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OGNI GIORNO HA IL SUO ADDIO |
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Nuova silloge poetica dedicata ai sogni e ai ricordi Recensione di Clotilde Cardella: |
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NOSTALGIE DI CAMPANE AL TRAMONTO |
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Nostalgie di campane al tramonto è il titolo della nuova silloge del poeta randagio con illustrazioni di Maria Luisa Robba, Cinzia Romano La Duca e Grazia Saporita. |
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IL SOGNO FERITO - POESIE - |
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A questo link potrete leggere la silloge poetica in formato pdf | |
RANDAGIO IN CAMMINO 2 |
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In questa silloge l'autore presenta alcuni suoi racconti inediti, scritti nel 2019 | |
RACCOLTA DI TESTI |
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Una nuova raccolta di testi del Poeta Randagio Recensione di Clotilde Cardella alla raccolta |
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LA SOLITUDINE NON HA PAROLE |
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Raccolta di poesie, con copertina disegnata da Cinzia Romano La Duca A questo link potete leggere tutte le poesie |
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PRESENTE E PASSATO NELLA POESIA DI CALOGERO CANGELOSI |
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Un dialogo fittissimo fra presente e passato caratterizza queste poesie inedite di Calogero Cangelosi che nella figura del vecchio trova motivi di consonanza biografica e psicologica, grazie alla quale fissare frammenti dell'inarrestabile flusso del tempo, tra elementi squisitamente lirici ed altri vagamente filosofici, entrambi imbevuti di un'acuta nostalgia.
L'ultima età si consuma all'interno di un teatro naturale così arioso e translucido, tipicamente mediterraneo per colori e profumi e forme vegetali ed animali, da sfociare talvolta in immagini decorative o atmosfere favolistico-oniriche.
E' la natura ad assumersi la funzione non solo di illuminare la versificazione, ma anche quella di innestare la freschezza archetipica dell'infanzia, a cui “il vecchio” attinge fecondando lo stato di solitudine della sua ultima stagione.
Giochi, figure parentali, amici, ricordi di guerra, atmosfere, attese, lutti, amori intessono una rete di epifanie con parole leggere e limpide che consolano e sembrano mostrare alla memoria il segreto senso del viaggio terreno. Ne deriva come una calma maestosa che consegna il tempo passato ad una pietas aderente ad ogni manifestazione dell'essere, ad ogni esperienza di gioia e di dolore, quasi che tutto si innesti in un disegno destinale che aspiri soltanto ad una coraggiosa accettazione.
Il vecchio sembra custodire questa luminosa saggezza, ed è per questo motivo che ancora sa stupirsi di fronte alla bellezza del creato, apprezzare le gioie più semplici, sentire piante ed animali come facenti parte di un unico progetto d'amore; e, soprattutto sa sperare in un domani di pace e di fratellanza.
Questo sentire gli esseri viventi all'interno di un ordine divino dà a questi versi una coloritura religiosa, favorendo il legame fra motivazione etica ed estetica, desiderando il poeta Cangelosi consegnare al lettore messaggi di speranza e di fede.
Lo favorisce senza dubbio l'innesto delle proprie radici nel terreno fertilissimo dell'infanzia, all'interno di una realtà di paese integra ed innocente, la frequentazione di persone umili e laboriose, che gli hanno trasmesso quei valori fondanti che il poeta non ha mai dimenticato.
In altre parole questi versi intendono dare il giusto peso a cose, parole e sentimenti, rivalutando la tradizione come trasmissione sapiente, in un'epoca in cui la vecchiezza non ha più il rispetto di un tempo; e la natura non è più osservata come luogo di rivelazione, ma come strumento di arricchimento.
Per tutto quello che è stato detto, la poesia di Calogero Cangelosi si offre come uno strumento educativo, che ristabilisce armonia tra i poli opposti del bene e del male grazie ad una presa di coscienza e del singolo e della collettività.
Franca Alaimo |
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... MOLTE ALTRE PIACEVOLI LETTURE... |
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Visitando un'altra pagina del Poeta Randagio Calogero Cangelosi inoltre... Le nuove poesie del poeta randagio, hanno ispirato i disegni presentati |
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COSE DEL PIÙ E DEL /POI/E... |
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Gli occhi guardavano lontano
senza catene
ed il pino piangeva perché le spine pungono
mentre dal pozzo il secchio
cigolava canzoni
e la lumaca col berretto in testa
si preparava per la festa da ballo.
Nuvole senza lacrime né sole
ma un sole che scioglie pure le catene:
dal ramo più alto di una ghianda
il cardellino cantava senza parole
e nella borsa della spesa
mancavano metà delle cose
da comprare
del più e poi
mentre gli anni inseguivano il tempo
e la pioggia e sembrava come se tutto fosse fermo.
Meglio non guardare lo specchio delle realtà
ma giocare ancora in mezzo alla strada
con gli anni che non ritornano
ed afferrare la vita e la grammatica
per non perdere il senso delle parole
che sfiorano il silenzio
o corrono come frecce: contenuti da decifrare
tra acciacchi e solitudine: si riesce a capire soltanto
il vento che accarezza un gatto spelacchiato
mentre un rubinetto sperduto
di acqua senza origine e fine
cerca di fermare le parole
per dare un senso alla vita.
21/09/21
LA LUMACA E IL BERRETTO PIENO DI SOLE
(perché non c’erano nuvole).
GIOVEDÌ ALLE CINQUE E MEZZO
E STENDERE LA BIANCHERIA
A TUTTI GLI ALBERI DI PINO
...e l’erba mietuta dal vento
respirava a fatica regole-rotte
e pantani di acqua e creta
molle l’odore del fiore strappato alla luce
brucia pure il capello
il canto dei galli alle ore sbagliate
il grillo mastica e...
dirti se saltella e sorride il coniglio
i tempi capovolti e l’intelligenza che crea spazi
senza fine a volte vuoti a volte
ed il cane che si vanta di amicizie ataviche
all’indifferenza e se l’asino raglia
e soltanto per dire ci sono anch’io:
egli portava a spasso spesso il cane
ed era sempre arrabbiato il cane
ed ascoltava sempre le stesse canzoni
per fermare il tempo
ma la vita va avanti e la musica cambia ogni giorno.
I giochi del cerchio
e l’acqua che corre lungo il ruscelletto
(ormai sorride agli ultimi raggi del sole):
cosa finirà prima il sole o l’acqua.
Forse il ruscelletto.
Per sterminati campi di grano
camminava felice un cavallo
lo vide il sole e sorrise.
20/09/21
L’AQUILONE...
...la donna che portava a spasso l’aquilone
si fermò giovedì dove le formiche
fanno castelli di terra passata al setaccio:
e poi bere sotto il sole
dove le terre hanno trovato acqua buona
Il giorno ha fermato le stelle
e le nubi a passeggio
non trovano il timbro
per leggere poesie
dopo che le colombe rompono il silenzio
se tu cerchi il pane appeso agli alberi
degli eucalipti
ed il sonno non crea più immagini a colori.
se il cavallo non vuole il cappello
un cappello a cavallo
non può camminare.
poesia nel vento
poesia nel canto
poesia c’era una volta.
poesia... c’era una volta e poi...
21/09/21
E SI FERMÒ IL MARE A PARLARE
E cosa dicono i secoli
disse l’albero d’ulivo
mentre l’onda madre
portava a spasso la sabbia
e gli ultimi ‘passato’ raccoglievano
molliche galleggianti
sparse come pagine ingiallite
ed il telefono squillava
urla e sentimenti.
Qualcuno camminava
scalzo
e non aveva paura.
Fra poco la stagione triste
spegnerà i colori
ed il buio arriverà presto
a porte sempre chiuse e
mani ferme
fino a quando la bandiera
alzerà vittoria.
Chino sui libri antichi
comincia il fuoco di braciere
e la casa fredda sorride
e poi le coperte
e silenzio
il viaggio sul colle:
nessuno dipinge più
allegra allegria
come una volta o forse due:
ci fermeremo nel silenzio delle finestre:
tende cedute al buio della notte
e dei ricordi che non tornano.
22/09/21
PER NON SENTIRSI SOLO...
...portava l’impermeabile a passeggio.
HO PIANTATO UN ALBERO
Ho piantato un albero di frasi
che luccicano al sole
pareggiando su tutto
con opposti secondo la luna
e il sole la pioggia ed il sereno.
Seduto su una pietra alta
un uomo
mangia un tozzo di pane
sale e pomodori
ascolta e sorride:
l’aspetta lavoro e sudore.
23/09/21
Ho visto il fiume
che scorreva sotto le pietre...
...ed alberi che sorridevano al vento: il ruscelletto...,
....Il ruscelletto ed il ragazzo
che seduto su una pietra
guardava i disegni dell’acqua
chiamandoli per nome. E
la ghianda che viaggiava felice
non sapendo in quale porto sbarcare
ed al sole rubava i suoi raggi
e rideva al grillo, bagnate le ali per sbaglio:
camminava tra l’acqua e le pietre...
...e poi il cannulicchiu
che in mezzo al muro
regalava acqua di pura sorgente.
Sotto l’ombra ed un raggio di sole
che sfugge ai rami d’eucalipto
il ragazzo dal sacco a tracolla
tira fuori un pezzo di pane ed olive
e da un fiasco di vino
riempie il bicchiere:
sorride una rondine in volo.
Primavera di fiori
sboccia al canto del fiume distratto cardellino
mentre un sorso di vino accompagna il pasto: mattina.
Poi un cane passante li invita al lavoro.
29/09/21
LA GHIANDA FERITA
Guardare il sole
e non sorridere mai
perché il mondo
è passato vicino
e non ha visto:
c’è chi guarda le stelle di sera
chi il sole al mattino. Chi
ha smesso di guardare il
mondo una volta bello: quando? Pure il vento
ha fermato il canto degli uccelli
ed una mano amica
prende il ramo spezzato
e con pazienza infinita: ecco fatto. La
ghianda ora guarda il sole
e sorride.
05/10/21
FIORE DI ZOLLA BAGNATA
E giocare con le scarpe ed il vento
e trasportare una zolla appiccicata
senza farla volare via
e sembra un gioco d’equilibrio:
a rischio di cadere tra pietre ed acquitrini.
Poi nel dondolo equilibrato,
sotto un raggio di sole improvviso
tra scarpa e terra, fortemente incollato,
un fiore.
Lentamente l’uomo si appoggia ad un muro di siepe,
si toglie la scarpa pesante ed appoggia la zolla
ad una conca vicina: le mani fermano fortemente
la terra: ad un sole quasi stanco sorride il fiorellino.
05/10/21
GOCCIA
Goccia che cade
goccia che corre
goccia che dal sole
si ripara
goccia di acqua
in deserti senza fine
goccia di poesia
persa per le strade
goccia di fantasia
goccia di sere
passate sotto le stelle.
Goccia di sogni
che il tempo vorrebbe
cancellare
goccia che resiste
ai secoli ed al vento
goccia che al buio risplende
goccia di vita
sempre.
11/10/21
ALBERI ACQUA API
...a passeggio tra le onde del mare
e le stelle lontane
amici di un sole improvviso
e stanco
sorridono agli animali randagi
e cercano un mondo più libero e buono.
Il giorno insegue musiche antiche
per cercare i ritorni
di quando la terra era amica e la luce del sole
creava allegria. Ora riposano del buio di stelle
e pensano al sereno dei giorni: una spugna infinta
per cancellare il male: si stringeranno le mani del mondo
in un solo abbraccio.
14/10/21
L’ALBERO E L’ACQUA
...ed un ruscello improvviso
esce dalle pietre
e colora la vita: ride la lucertola appoggiata ad un muro di siepe:
un vento leggero accarezza ogni cosa. Dondola una piantina di ghianda:
un lontano canto svolazzante di cardellini in
volo ed un sacco di paglia
per riposare un’ora: poi
la musica ed il tempo che
scandisce le note di una zappa:
la sera lontana.
20/10/21
SOTTO L’ALBERO DI GHIANDA
Sdraiato
ad aspettare
(si aspetta sempre)
che il sole raffreddi i suoi raggi
ascolta i colori della vita:
passa un uomo e sorride,
sorride pure il cane
grande amico,
poi improvviso e breve
il silenzio delle cicale
gradevole compagnia
in quel pomeriggio caldo.
Accanto scorre leggero
e bianco un ruscelletto
ed il rumore dell’acqua si
confonde con le corde del cuore.
Fermo sul nido un cardellino
aspetta amici al canto:
rare lucertole attorno
tra l’ombra ed il sole:
sdraiato ascolta suoni e parole
e sembra un mondo di pace.
Ora il sole calma e la zappa
ritorna a suonare note di vita.
21/10/21
UNA ZOLLA DI TERRA ABITATA...
…da tante formiche:
una piccola pietra nel mezzo:
e fiori di campo
che colorano i raggi di sole
profumo di antiche glorie.
21/10/21
ALL’OMBRA D'EUCALIPTO...
...e accanto un gatto
pulito e attento
guarda lontano e sorride
al vento che culla foglie
secche cadenti:
a volte ne accompagna una
con la zampa e sembra giocare:
poi sempre un cannulicchiu
d’acqua di siepe ed un canto senza fine
di cicale mai stanche.
A girata di occhi un cane
accanto al gatto guarda
lontano e sorride: evidenti
relazioni sociali avanzate.
23/10/21
IL SOLE AL TRAMONTO
Il sole al tramonto
regala sorrisi spezzati
dalle onde del mare
o da cime di montagne senza fine:
cime di alberi secolari
invitano al silenzio.
Rossastro si muove fra linee
tumultuose e
disegni che abbracciano
sensazioni e fantasie:
volano ignari uccelli colorati
fra cielo e terra
e sembra una strana festa
che verrebbe da ridere se:
improvviso cala il buio
ed il cuore tace.
24/02/21
APPOGGIATO AL MURO DEI RICORDI
Sensazione che regali ancora
colori alla sera
quando un giorno grigio
si posa al silenzio
e gli uccelli pigolano al richiamo.
Pure il mare tace
quando lo sfiora una nuvola sbandata
e le traiettorie di giorni spensierati:
corse senza fine
in campagne arcobaleno.
Dovrei stringere mille mani
ma realtà lontane
mi regalano solo ricordi di scuola.
Prendo per mano il silenzio
di un’età che si crede ancora giovane
(forse lo è) e piano
dirigo il mio cuore
ed i miei passi
verso casa.
24/02/21
I GIORNI PORTANO A SPASSO...
...I ricordi più belli... |
|
IL VECCHIO CHE AL MONDO SORRIDE |
|
Il vecchio che al mondo sorride
chiede solo una stretta di mano
un raggio di sole al mattino
e le sue passeggiate
in campagna.
Si ferma ad ascoltare cicale
guarda il grillo che al vento svolazza
creando circonferenze anomale:
pigolano i cardellini sul ramo
più alto del pino. Rumori - poesia
che preparano un mondo di pace:
(I cannoni di fuoco e morte
le corse in cerca della vita
ferite curate al tramonto
quando il buio del sole
copre le ultime illusioni.
Duro il pane - speranza.)
Ora il vecchio al pozzo vicino
gioca col suono rauco del secchio
la carrucola intona canzoni (rumori)
sempre uguali: la vita richiama
momenti
stampati per sempre nel cuore.
14/09/20. |
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E LUOMO CAMMINA... |
|
...e l’uomo cammina
tra zolle di terra e pensieri
che attraversano la storia
di vite vissute in fretta e si
fermano in mezzo a nuvole
stanche e strade in salita.
Vent'anni ed il vento e i colori e la
testa sempre piena di sogni:
partire e tornare scontento.
Ora le giornate non sono
arcobaleni coloriti ma traiettorie
da regolare per finire i giorni del
mese
senza contorte realtà più
del dare che avere.
Una lucertola ha rapito
tutti i raggi del sole
ed il vecchio sorride... sorride.
14/09/20. |
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ED IL VECCHIO RACCONTA... |
|
Patrizia era alta e bionda
e sorrideva al vento
perché il vento le sorrideva
sempre.
Partita tra luce e buio
senza lettere ed amici.
Nel ricordo dei giorni
che non tornano indietro
un saluto e poi... il silenzio.
15/09/20 |
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GLI OCCHI DI SERA ALLA LUNA TRA PAGLIA E FIENO... |
|
...E le stelle a coprire ferite
che il tempo, a volte, cancella:
dirupi senza fondo.
I suoi occhi ai fiori di campo
che sorridono ai raggi del sole
che a volte sa giocare col mondo
quando il mondo prepara
spazi aperti a strette di mano
e momenti di pace.
(Il sole che tramonta
su spiagge colorate a poesia
creava note sconosciute
ed allegrie per incerti futuri.
Il gioco e le corse tra la sabbia
ed il mare
amici sempre contenti e
programmi infiniti: l’età porta via i
sogni più belli e gli amici.)
Ora dorme il vecchio tra paglia e
fieno gli occhi sempre alla luna.
15/09/20 |
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IN MEZZO AD UNA FORESTA DALLORO... |
|
...si perde il suo sguardo
e vola tra nuvole ballerine e
tempeste d’orgoglio:
alle partenze improvvise
di mattine ancora-notte
e lontani continenti senza ritorni.
I giochi bambini ormai affidati
ai ricordi.
Pigola un cardellino.
La natura prende i suoi spazi per
dar voce alla vita.
25/09/20. |
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QUANDO... |
|
...arrivismo e approssimazione
dettano legge (non sempre) e
scene di vita vissuta
volano nel vento
senza lasciare indirizzi...
messaggi d’amore e di pace
attraversano il cielo dando voce
a chi sa ancora leggere gli
andirivieni della vita. Fermarsi
ogni tanto é forse il segreto per
riflettere giorni interi e partire
(sempre).
25/09/20 |
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TRA IMMENSE DISTESE... |
|
... fiori di agrodolce e margherite:
agli occhi:
i ricordi attraversano qualche
lacrima e sospiri:
partire o restare (solo). Dove sono?
Un cane correndo avvicina i suoi
pensieri e chiede amicizia: la
casa conserva ancora i resti:
immagini di giochi-bambini e la
brace in mezzo alla stanza.
L’uomo muove la porta che
scricchiola al vento: un giaciglio
di paglia e fieno apre al riposo.
Ora l’uomo vecchio dorme con
tutti i suoi ‘perché’.
25/09/20
|
|
TEMPORALE DESTATE |
|
Bussano alla porta note
e cadono giù disperdendosi
tra luci improvvise di lampi senza
nome quando il sole regala alla
sera l’ultima luce e l’uomo
stremato cerca un rifugio sicuro.
Il buio nasconde i pensieri più
tristi e lontananze affettive.
Si apre una porta al solo soffio di
vento: una scia di legna
scintillante rallegra il cuore:
da una parete all’altra lacci e biancheria
distesa.
Un pagliericcio per notte dopo il
latte caldo e sogni a mai finire:
mai.
25/09/20 |
|
TRA PAGLIA E FIENO |
|
Dorme il cane e gli occhi
socchiusi accompagnano i
rumori del vento
mentre dalla porta entrano folate
di vento: freddo. Saettano alle
pareti rigagnoli di luce e tuoni
rispondono. Dorme il vecchio e:
“...si giocava a rincorrere le nubi
dietro gli aquiloni:
lontani i sogni
senza uscita. Ora un sonno
pesante copre tutti i rumori. La
vita riposa.”
25/09/20 |
|
LA NOTTE DEL CARRUBO |
|
Una notte ricorda la vita vissuta
tra note stonate e
telegiornali tristi (quasi sempre):
vocali che inseguono consonanti
in cerca di pace e di silenzi
d’amore.
Si salverà la terra al prezzo di
monete dure e sacrifici innocenti.
Sbattono i rami della notte senza
regole come guerra senza senso
né perché. Gli occhi stanchi cedono al
sonno, mentre un albero dietro
una porta senza nome tenta di
salvare il mondo. (e se stesso).
25/09/20 |
|
MATTINA DAGOSTO |
|
(dopo la tempesta)
Il sole cuoce le zolle e gli uccelli
al pozzo bevono gocce d’acqua
cadute dal secchio.
Sdraiato all’ombra
d’un corbezzolo
il vecchio viaggia tra amori
perduti e partenze per guerre
senza nome.
I ritorni sono sempre tristi
se non trovi nessuno ad
aspettare.
25/09/20
|
|
ORA NEL SOGNO |
|
Ora nel sogno con gli occhi
lontani tre figli nel vento
parole contate al telefono
e la tristezza che riempie il cuore
per i giochi lasciati a metà
senza avvenire per tutti.
Sotto l’albero stanco del carrubo
due lacrime silenziose
e poi il solito giro in campagna in
cerca dei ricordi perduti:
immagini che incollano
passato e presente.
26/09/20 |
|
IL VECCHIO E LAMACA |
|
Il sole accarezza il giorno
ed apre gli occhi stanchi al
vecchio
che riposa i suoi anni.
La porta aperta prepara
al sorriso e la campagna
invita a nuove scoperte.
Due alti pini: l’amaca.
Lontani aquiloni e suoni indistinti
di cardellini al nido
incoraggiano le ore del giorno:
dondola.
Cane e gatto rincorrono fiori ed
arbusti in felice allegria.
26/09/20 |
|
I PENSIERI DEL GIORNO DOPO |
|
Il giorno porta a spasso i pensieri
mescolati a ricordi
che salgono montagne di scale
per camminare presente e
passato:
il futuro è momenti vissuti
tra un sorso e l’altro
di acqua di pozzo.
In cielo nuvole portano a spasso
i riflessi del sole
e tra agrodolce e margherite
si colora di alfabeti volanti la
verde campagna. A volte, si dice,
succede, a volte mai: nel cielo di
colore-sorrisi
un vociare di bimbi:
ed il figlio lontano che
torna
la mano felice alla sposa
ed i passi veloci che regalano
abbracci per sempre.
26/09/20
|
|
PER I NAVIGATORI DI CARTA E PENNA HA SCELTO ALCUNE POESIE E UN: |
|
LABORATORIO RANDAGIOcon le prime tre poesie Note della poesiaIl giorno che il sole ha posato le ali Se il tempo...Il senso delle cose Giorno stanco e senza amoreIl giorno riposa stanco e al mare |
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