Il viaggio della vitadi Cervai Maria
Anno: 2022
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Dalla prefazione di Fulvio Castellani: Scrivere poesia e leggere poesia non è facile, anzi richiede una sensibilità non indifferente e il desiderio, recondito o meno, di scoprire verità nuove, diverse, raccolte a tu per tu con la realtà di ogni giorno o vissute sulla propria pelle. La poesia, per essere veramente tale, non deve pertanto essere fatiscente, ma stuzzicare e coinvolgere il fruitore costringendolo a leggersi dentro, a guardare oltre, ad interpretare a sua volta la realtà in cui vive e a sognare, nel caso, atmosfere di luce e d’amore non soltanto per se stesso... Tutto questo è evidente nel “viaggio della vita” che Maria Cervai ha vissuto e sta vivendo nel segno di un’armonia intima, ricca di sfaccettature, di attese, di piccole-grandi soddisfazioni. Parte il suo discorso dalla festa di San Martino che conclude (o concludeva) il ciclo dei lavori agricoli affermando: “Vendemmia, vino / lavori ultimati / inverni felici / che non vi ho mai scordati...” e prosegue come avesse dinanzi a sé la realtà vissuta da profuga istriana “senza casa, senza focolare”... È una poesia forte, la sua, ma è una poesia che trasmette speranza e dialogo, strette di mano sincere, sguardi che vanno oltre il presente attuale marchiato dalla pandemia, da quell’indiavolato Covid 19 che ci ha messi in una lunga quarantena e che ci ha costretti, non a caso, a stringere la cinghia ed a diventare un po’ più altruisti ricordando che “le nostre vite / sono sospese / negli abissi dell’inferno”... Maria Cervai usa una scrittura che gestisce le emozioni e che trasuda perciò di umanità, di emozioni positive, di una personalissima sicurezza lirica, come a dire che si lascia leggere e capire senza dover ricorrere ad interpretazioni necessariamente aggiuntive, a riprova di quanto la sua grafia scritturale sia elegante e suadente. Troviamo parole calde rivolte al padre (“il mio sogno è una Natura pura e incontaminata / finalmente libera da inquinamento / e devastazioni e dai folli orrori / di un progresso troppo rapido...”) il respirare amoroso della nonna (“Quante storie e filastrocche, / quanti stornelli cantati / nelle sere d’estate mi ha raccontato”), la breve gioia di un saluto, la serenità che trionfa nell’osservare il presepio nella notte di Natale, le sere magiche di marzo “quando c’era primavera nell’aria” e i giorni s’illuminavano d’amore... Ogni suo sussulto poetico scandisce umanità, semplicità, canto sommesso e vibratile: un insieme di nostalgia e di apertura in direzione del dopo come è logico per quanti, come Maria Cervai, hanno la poesia nel cuore e vivono la magia dei giorni come un invito a trasmettere fiducia e bontà, ovvero a fare della vita un viaggio che facile non è, ma che la poesia che è in ognuno di noi può condurci a viaggiare con gioia, nonostante le avversità, per cogliere “i profumi dei fiori”, “i canti melodiosi / degli uccelli a primavera”. Ovvero a vivere e non a sopravvivere. |