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L'AQUILA - Il soffrire passa, l'aver sofferto rimane

di Colaiuda Maria Rita

Anno: 2017
Prezzo: 10.00 €

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Dall'introduzione dell'autrice: Se il terremoto dell’Aquila fosse stato una rappresentazione teatrale, il copione sarebbe stato quello della novella di Pirandello “L’uomo dal fiore in bocca”, o, più calzante, “La morte addosso”, dal titolo iniziale della novella.
Protagonisti: i cittadini aquilani, Giampaolo Giuliani e la Commissione Grandi Rischi.
Noi cittadini abbiamo avuto il ruolo che, attraverso le parole dell’uomo dal fiore in bocca, Pirandello esprime con maestria dicendo: - “Le domando se crede possibile che le case d’Avezzano, le case di Messina [e dell’Aquila aggiungo io], sapendo del terremoto che di lì a poco le avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene tranquille sotto la luna, ordinate in fila lungo le strade e le piazze, obbedienti al piano regolatore della commissione edilizia municipale. Case perdio, di pietra e travi, se ne sarebbero scappate”. Immagini i cittadini di Avezzano, i cittadini di Messina [e dell’Aquila aggiungo di nuovo io], spogliarsi placidi placidi per mettersi al letto, spiegare gli abiti, mettere le scarpe fuori dell’uscio e cacciandosi sotto le coperte godere del candor fresco delle lenzuola di bucato, con la coscienza che tra poche ore sarebbero morti. - Le sembra possibile?”
Giampaolo Giuliani, sapendo che di lì a poco ci sarebbe stata una grande scossa, avrebbe avuto il ruolo del passante che scaccia la morte come si fa con gli insetti schifosi. “Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani, schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso … lei passa per via, un altro passante, all’improvviso, lo ferma e, cauto, con due dita protese, le dice:”Scusi, permette? lei, egregio signore, ci ha la morte addosso”. E con quelle due dita protese, gliela piglia e gliela butta via … sarebbe magnifico! Ma la morte non è uno di questi insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti e alieni, forse ce l’hanno addosso: nessuno la vede; ed essi pensano intanto tranquilli a ciò che faranno domani o domani l’altro”.
Avvertendo, attraverso il Radon e i sismografi, che era imminente una forte scossa, Giampaolo Giuliani ha provato con tutte le sue forze, ma invano, a gridare al pericolo, ma è stato accusato di procurato allarme. Se avessero dato ascolto a lui, la storia avrebbe avuto un altro finale rispetto alla novella e molti “insetti” non si sarebbero attaccati addosso ai poveri cristi che alle 3 e 32 sono stati travolti e uccisi dalle macerie delle loro case, invece la Commissione Grandi Rischi, che in realtà si preparava al peggio, ci aveva rassicurato:
1) Mettendo a tacere Giampaolo Giuliani accusandolo di procurato allarme;
2) Ignorando le statistiche, che facevano intendere che un terremoto sarebbe potuto realmente accadere di lì a poco, visto il comportamento in crescendo delle scosse.
Il ruolo della Commissione nella Novella è stato quello della “povera signora”, che con le sue rassicurazioni “pretendeva” che ce ne stessimo “a casa” quieti, tranquilli … a godere dell’ordine perfetto di tutte le stanze, della lindura di tutti i mobili, di quel silenzio di specchio che c’era prima in casa mia, misurato dal tic-tac della pendola del salotto da pranzo. – Questo (… avrebbe voluto!) Io domando ora a lei, per farle intendere l’assurdità... ma no, che dico l’assurdità! la macabra ferocia di questa pretesa.
Ecco il rovescio della medaglia, il processo per mancata comunicazione.
Dice un proverbio: “del senno di poi son piene le fosse”, ma se ci fosse stato un po’ più di sano e responsabile allarme, molti non sarebbero rientrati nelle loro case dopo le scosse delle ventitre e dell’una!
Dunque prima del 6 aprile 2009 si voleva fare il processo a Giuliani per procurato allarme, poi la Commissione grandi rischi è stata processata e condannata per mancata comunicazione! E noi poveri mortali? Senza risposte ci aggiriamo col naso all’insù cercando di immaginare la vita degli altri fino a quel momento per tenere vivo il ricordo della nostra città”…”non a capriccio”, anzi, “tenendo conto delle minime apparenze scoperte in questo e in quello. E sapesse quanto e come lavora [la fantasia, anzi, la nostra psiche come meccanismo di difesa dal dolore per aver perso qualcuno, qualcosa, la sua città] – fino a quando riesco ad addentrarmi! Vedo la casa di questo e di quello, ci vivo, ci respiro, fino ad avvertire.. sa quel particolare alito che cova in ogni casa? Nella sua nella mia... Ma nella nostra, noi, non l’avvertiamo più perché è l’alito stesso della nostra vita, mi spiego?” Ora sentiamo tutti lo stesso odore, anzi, l’olezzo di muffa, polvere e ratti.