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Arduino al castrum domini | Castrum receptum

di Martini Patrizia

Anno: 2023
ISBN: 978-88-6932-286-0
Prezzo: 15.00 €

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L'incipit del romanzo:
 

SIC TRANSIT GLORIA MUNDI

 

A chiunque si recherà nel paese di Pombia, sarà dato conoscere una figura leggendaria, più antica di qualsiasi altro antenato: Arduino, re d’Italia, vissuto nella pienezza del Medioevo, a cavallo del fatidico anno 1000.

La sua vita appare degna di una chanson de geste: nacque in Pombia nel 955 da una famiglia comitale di origine franca, fu prode guerriero, abile politico e, al termine della sua vita, monaco cluniacense.

Ereditò il titolo di Marchese d’Ivrea da Corrado Conone, marito della zia materna e figlio di Berengario II, che lo aveva adottato, poiché dal suo matrimonio non gli erano nati figli.

Feroci furono i contrasti generatisi tra Arduino e i Vescovi Conti per il controllo del territorio del Piemonte nordorientale, e raggiunsero l’apice con la morte del presule Pietro III di Vercelli, durante l’attacco alla città eusebiana che egli realizzò nel 996.

Benché scomunicato, andò organizzando contro l’episcopato padano e l’imperatore le forze divise, ma ingenti, dei feudatari minori.

Il 15 febbraio 1002 Arduino fu proclamato re d’Italia a Pavia, ma dopo più di un decennio di aspre contese, nel 1014, scelse di ritirarsi presso l’abbazia di Fruttuaria, fondata da suo nipote, l’abate Guglielmo da Volpiano nel 1003, presso San Benigno Canavese, ove concluse la sua avventura terrena il 14 dicembre 1015.

Dopo la sua morte, i suoi discendenti e i suoi vassalli continuarono la fiera e sanguinaria lotta anti-episcopale, fino a che l’imperatore Enrico IV, con l’ultimativo diploma del 13 aprile 1060 confiscò tutti i beni della famiglia, Contea compresa, e li concesse alla Chiesa novarese.

Dal canto suo l’antichissimo e imprendibile Castrum plumbiensis, facente parte della Marca eporediese, sede di comitatus franco, già Gastaldato o fors’anche Ducato longobardo, avamposto bizantino, oppidum gallicum, ancor prima fortificazione sul limes romano, e, sette secoli avanti Cristo, celtico sito della civiltà golasecchiana, era stato innalzato all’incrocio tra l’antica strada militare che da Eporedia giungeva ad Aquileia, collegando la pianura dell’ Eridano da ovest a est, e quella che, partendo dal porto fluviale di Pavia, saliva lungo il lacus Verbanus verso Oxilla Lepontiorum, ai piedi delle Alpi, valicando il Passo del Sempione per poi ridiscendere nella Valle del Rodano.

La storia e la storiografia dell’Età di Mezzo narrarono con dovizia di questi luoghi, come fece il diacono Warnfridus, che bollò con l’accusa di fellonia il duca longobardo Mimulfo, le cui spoglie riposano nella Basilica di San Giulio d’Orta.

Egli, infatti, tradendo Agilulfo suo re per denaro, consentì ai Franchi di re Chidilberto, diretti verso Milano, di attraversare indisturbati queste ancora anonime terre nel 590, pagando con la decapitazione il suo alto tradimento.

Poi l’Anonimo Ravennate che, agli inizi dell’VIII secolo, affermò nella sua Cosmographia: «...Item ad partem inferioris Italiae sunt civitates, id est Plumbia, quae confinatur ex praedicto territorio civitatis Staurinensis item Vercellis, Novaria, Sibrium, Comum, Mediolanum...» e celebrarono la fama di Pombia le stellate tremissi auree coniate nella Zecca plumbiense nella seconda metà dell’VIII secolo, con l’incisione «Dominus Noster Desiderius Rex».

A Plumbia venne assegnato l’appellativo di civitas, insieme con Laumellum, Novaria, Stationa e Oxilla, il cosmografo Guido ancora, nella sua Geographia, confermò che «Item ad inferiora sunt civitates, Plumbea quae confinatur cum territorio praedicto civitas Stacionensis. Item Vercellis, Novaria» .

Il testamento del vir magnificus Rottperto da Agrate in data 5 aprile 745 fece accenno a «Pecunia mea quod habeo in finibus plumbiense», nell’ 841 Maginardo ex genere Francorum fu il Visconte di Pombia, sappiamo poi che il 16 aprile 867 un Franco «Gerulfus ministerialis domni Imperatoris» lasciò dei beni «in casale iudicaria plumbiense» e il 17 giugno 885 Raginaldo, arcidiacono e vice domino della chiesa novarese «de castro Plumbia» fece dono di un uliveto situato in Mergozzo ai Vescovi novaresi per la luminaria del Duomo...