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Sono ancora vivo

di Calcagno Carlo Alberto

Anno: 2022
ISBN: 978-88-6932-280-8
Prezzo: 12.00 €

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Dalla prefazione di Mario Bello: 

È un percorso poetico, quello dell’Autore Calcagno, molto personale e a un tempo interessante, in quanto il suo sentiero ha i passi dell’io, tra ombre e amore, oscurità e speranze, presente e passato,... alla ricerca di un ‘chi sono’ (che è un ‘chi siamo’, in una sorta di ‘io collettivo’), che è la costante dell’uomo quando si guarda, si osserva, si interroga, e in quell’accorato ‘sono ancora vivo’ del titolo dato alla silloge, il poeta in definitiva ricerca se stesso, per dare spessore e colore alle sue ansie e inquietudini, come ai suoi sentimenti ed emozioni.

Se la sua vita, come gli appare, è “un cumulo di polvere/su cose fuori posto”, con riguardo all’io, che è poi l’uomo visto nella sua contemporaneità e al pianeta nel suo dissesto, il riferimento costante a se stesso – in un plurale maiestatis che connota l’intera umanità – porta il poeta a considerare l’io-noi, malinconicamente, come fiori che “ridono/al vento/ignari/del loro/colore”. 

In questo spazio lirico e filone di pensiero si collocano molti componimenti poetici, i cui “fiori sfiorati dalla meraviglia” possono riconoscersi, specie nei tanti momenti di solitudine in cui si avverte il bisogno di essere abbracciati, compresi, mentre “rimangono solo/ le parole inutili /... / ... seminate/ ancora nel giardino”.

Metafore e versi si avvolgono di uno stesso tessuto e il poeta - come ognuno di noi nel nostro vivere quotidiano - va alla ricerca senza riuscirci di svincolarsi dai lacci e lacciuoli che frenano l’umana esistenza, e suggestiva in questo senso si rivela proprio la metafora in Bachi di seta, che esprime l’incapacità di uscire dalla rete di seta, salvo poi ad adagiarsi e trovare la serenità - un sogno – restando “chiuso nel bozzolo”, ricordando forse il grembo materno. 

L’io comune dell’Autore, che si riflette nello specchio della società, è presente in ogni suo componimento e nell’espressione dei suoi stati d’animo. D’altra parte, come non pensare alla vita nelle lunghe ore notturne, che il poeta come i più dedicano “a esistere più che a essere/ a fare piccole cose semplici” (in Notte); o non capire, come il Calcagno fa, che è meglio a volte il dover lasciare “libero/di andare il futuro”, quando è distante e non può appartenerci, o perché la realtà fattuale ce lo impedisce.

Così lo si avverte nel lirismo dei suoi versi, con le sue precarietà – non trovando strade e direzioni da seguire – nell’attesa di “un futuro invisibile/ che è già passato”, scavando nel dramma esistenziale, e che si chiede alla fine: “Che cosa rimane?”, ritrovandolo abbandonato alle sue malinconie nell’abbandono di un amore, allorché “sboccia l’assenza/ raccolgo i ricordi/ in una scatola/ senza confini”. 

Rispetto alla tristezza esistenziale, numerosi sono i momenti lirici, quasi una voce che si alimenta dall’interno dell’anima, in cui si annidano le speranze, che compaiono improvvise (come in Nuvole), o da “mordere in fretta” (come in Argo), o i sogni, spesso generosi, come i pescatori che vanno a tingere “le reti sudate”. Le emozioni del poeta si tingono di colori – e, non può essere diversamente – e li troviamo blu tra le note musicali, che risuonano di verde e di giallo, imparando dai fiori il ritmo del vento; o assumono l’aspetto del ‘rosso tigrato’ di un gatto, la cui vita passa inosservata, ma “servita ad affilare/ le unghie, e insegnarmi/ paziente che il cibo è una lotta”.

È una poesia asciutta, scarna di punteggiatura e di altri orpelli, che sa essere essenziale nella maturità dell’Autore, senza alcuna influenza letteraria di tipo ermetico o di carattere simbolico, e che – usando un’altra metafora del poeta – si comprime in un ‘file’, quello della sua vita “per scoprire quanto/ era utile ch’io fossi”, per comprendere “il limite dell’esistenza/ non la qualità né il bene né/ il male che mi compongono”, concludendo con una visione trascendentale: “Solo Dio conosce il programma/ per pesare ogni battito di ciglia”.

Questo è Calcagno nella sua opera, un poeta che scava con versi e parole semplici, e con un significato profondo, tra le contraddizioni del vivere quotidiano e in cui il suo io (da tramutare in un noi collettivo), va alla ricerca di una pace, che trova allo sfiorire della luce della sera, al tacere delle rose e del gelsomino, misurando “il cielo infinito/ tra i tetti invisibili”.