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Abbate Giuseppina: è nata a Pachino (SR) ma vive a Firenze sin dal novembre del 1977 dove ha frequentato l'Università.
Esercita la professione di avvocato, occupandosi di cause di diritto civile (prevalentemente diritto familiare e minorile) e di processi penali anche in ambito minorile.
Sin dall'età dell'adolescenza ha sempre sentito la necessità di scrivere poesie e così è stato per molti anni sino alla nascita dei suoi figli, quando a causa dei molteplici impegni, familiari e professionali, che non le consentivano uno “spazio” suo, per molti anni si è allontanata dalla scrittura.
A seguito di un percorso personale, negli ultimi anni, l'ispirazione si è rifatta viva ed è emersa, direi quasi con prepotenza, la necessità di scrivere.
Non ha mai pubblicato le sue poesie, ha ricevuto un attestato di merito al Premio di Vibrazioni dell'Anima Anno 2011 e si è classificata terza al Concorso Letterario di Carta & Penna, Prader Willi – Anno 2011 – Sezione Poesia a Tema.



Per i lettori di Carta e Penna ha scelto:

FIGLI

Ho visto stormi di passerotti
Cercare briciole di pane,
posarsi sulle tue mani,
come figli 
di un grembo ormai dilaniato,
li ho visti chiedere 
carezze sul loro capo,
cibo imboccato,
con il viso piegato sul tuo palmo,
pronti ad assecondare la tua dolce presenza,
li ho visti guardare 
nella tua direzione
in attesa di un cenno di conferma,
cercano briciole di pane e carezze
i passerotti che non hanno più l'età per il nido,
cercano la libertà,
vorrebbero fortificare le loro ali,
abbandonare il guscio
ma conservare il posto,
cercano briciole di pane e carezze sul petto,
pronti a lasciar trasportare
quel loro viso spinoso sul tuo palmo,
cercano pane, libertà e amore
i nostri figli.

IL MIO ARCOBALENO

In questo giorno che annuncia la primavera
Con questo sole che scalda il mio cuore
Vorrei adesso un pennello
Per colorare di gioia i miei sogni,
Per tingere di rosa le mie giornate,
Rosso fuoco per spennellare il mio sorriso,
Senza che nessuno coltivi il dubbio
che la passione sia sfiorita e l'attesa sia finita.
Tingo di azzurro gli occhi miei
Affinché annienti le ombre
E cancelli per sempre le tinte nere
Che hanno colpito il mio sguardo,
di rosso carminio le mie gote
perché il mio volto abbia la luce,
appaia e si distingua,
come il volto che non conosce maschere,
coloro di giallo limone le mie mani
affinché ciò che sfioro 
assuma il colore del sole,
e ciò che assaporo 
mi renda il suo vero gusto,
lontano dall' amaro 
di quel calice che fui costretta a bere.
Con questo sole 
Vorrei una tavolozza piena di colori
Per lasciare che il mio pensiero
Si intinga in un arcobaleno
Ed ogni sfumatura penetri nel mio cuore
Rendendolo multicolore.
Vorrei dipingere la mia vita 
con un gioia inaudita
D'amore e di sorriso 
vorrei affogare e trasmigare 
nell'arcobaleno dei sogni miei.

ANGELO

(A Yara Gambirasio) 
 
Non ci saranno più i giorni
a scandire i passi tuoi,
né più i tuoi occhi 
ad offrire candore,
non coglieranno più sorrisi 
i tuoi ammiratori,
né la tua voce
potrà più musicare le feste.
Non ci sarà più il tuo viso sorridente
ad allietare i giorni 
come compagno indivisibile,
rimarranno i ricordi
amici silenziosi  
su un  sentiero irto ed incandescente,
sarà un abbraccio invisibile,
un bacio si posa sulla loro guancia
come un saluto senza fine,
attenderanno di bere 
attenderanno alla fonte dell'attesa
ed il giorno diventerà aurora,
sarà luce e sarà sogno
mentre le tenebre avvolgeranno
le mani unte di malvagi gesti.


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