Con Carta e Penna ha pubblicato:
UNA VITA IN QUATTRO STAGIONI |
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Dall’introduzione dell’autore: Spesso la realtà è più fantasiosa della fantasia stessa. Fatti vissuti possono infatti sembrare immaginati; come anche fatti immaginati possono sembrare del tutto reali. E questo dimostra che il confine fra la realtà e la fantasia è molto sottile, spesso quasi come il filo della lama di un rasoio. In questo racconto ho preso spunti, ma solo spunti, da fatti di vita venuti alle mie orecchie per confidenza di amici e conoscenti. I fatti ed i personaggi qui descritti però sono del tutto immaginari ed ogni coincidenza con la realtà e da ritenersi meramente e del tutto casuale. Alla battuta che avrei scritto qualcosa di inerente è seguita una risposta che mai mi sarei aspettato: “Dovresti davvero farlo!”
Da INVERNO (Il giocattolo) ...sto fluttuando come un ectoplasma, in preda ad esso. Poi la vedo entrare: una minigonna con lo spacco fino all’inguine, attillata sui fianchi mostra una statuarietà fatta di palestra, di creme rassodanti e di massaggi. Due tacchi a spillo, quasi a chiodo, volgari per tante altre, in lei sembrano il proseguimento dei suoi affusolati piedi, quasi un tutt’uno, come un appendice. Lunghi capelli, neri come la pece e ricci come anelli, fanno da cornice ad un viso di una bellezza greca, dai lineamenti marcati, e scolpiti come dalle mani di Michelangelo. Il suo seno prorompe, sotto la camicetta, e i tre bottoni superiori, sbottonati, lasciano intravedere i monti del paradiso. I suoi capezzoli, complici maliziosi della sua sessualità, ostentata a modo, sporgono prepotenti dal reggiseno e dalla camicetta, quasi a volerli perforare. La sua voce accarezza le mie orecchie, come una melodia, ed io cerco di capire se sono completamente andato, e sto sognando, oppure rimane ancora una parte di me stesso ancora viva e cosciente. Sono timido, anche se mi atteggio a spavaldo nel mio lavoro, e fra la gente: è un mio mezzo di difesa; ma lascio stare tutto così com’è, tenendomi lontano dal manifesto invito, mi basta guardare, e mi accontento. Nella mia timidezza mi accontento...
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SIMBIOSI |
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Silloge poetica con testo in siciliano e, a fronte, in italiano
Dalla premessa dell'autore:
La poesia e la musica sono l'anima dell'uomo. Non hanno essenza, non hanno sostanza, ma fanno vibrare le corde del cuore. I versi e le note si amalgamano in un tutt'uno, e fanno volare, chiudendo gli occhi, nell'infinito. La poesia non ha lingua, come pure la musica. È bello scrivere nella lingua dei padri (quella siciliana), ed accanto mettere quella dei figli (quella italiana). L'idioma siciliano origina dalla preistoria, e viene poi influenzato da tante culture diverse. L' "èlimo" era la lingua parlata dal popolo della Sicilia sud-occidentale, popolo indo-europeo di origine anatolica, e di questa si sa ancora qualcosa. Mentre poco si sa del "sicano", la lingua parlata dal popolo centro occidentale, nella quale al sanscrito si mescolava pure il latino...
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VÌU NÌURU - VEDO NERO RACCOLTA POETICA IN LINGUA SICILIANA CON VERSIONE ITALIANA A FRONTE |
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Dalla premessa dell'autore: |
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DESTINI |
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Dalla premessa dell'autore: Non tutti credono al destino, a questo filo conduttore che guida e condiziona la nostra vita, dandogli un inizio ed una fine, imprescindibile ed immutabile. Ma è anche vero che questo iter è condizionabile dal comportamento umano. "Volere è potere" dice un detto, e questo è anche vero quando si riferisce però al solo comportamento, perché nel destino c'è una parte condizionabile, che dipende dal nostro agire, ed una parte incondizionabile che dipende da forze maggiori, intangibili, possenti ed immutabili. A volte il fato viene confuso col caso, ed in tal caso viene anche nomato sfortuna, se questo è negativo o nefasto, o fortuna, se questo è benevolo e favorevole. La vita di ogni essere umano però è fine a se stessa. Ognuno ha una sua vita, un suo fato, e questo differisce da quello di qualsiasi altro. C'è chi nasce destinato ad essere re, chi destinato ad essere ricco, chi destinato ad essere servo e chi è destinato ad essere povero. C'è chi è destinato ad essere... L'uomo è un essere fragile, e l'unica sua forza sta nella sua razionalità, nel suo pensiero, che condizionano il suo modo di agire. Come diceva il filosofo Blaise Pascal: «L'uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante. Non c'è bisogno che tutto l'universo s'armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d'acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità dell'universo su di lui; l'universo invece non ne sa niente. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. È con questo che dobbiamo nobilitarci e non già con lo spazio e il tempo che potremmo riempire. Studiamoci dunque di pensare bene: questo è il principio della morale». (Blaise Pascal, Pensieri, 139) L'uomo quindi è come una fragile canna sbattuta dal vento ma la sua forza sta nel pensiero ed è proprio con il suo pensiero, con la sua ragione, con la sua consapevolezza, con la sua volontà, che talvolta riesce a condizionare il destino. Ma ogni destino ha il suo iter ed il suo metro, e deve essere l' agire razionale dell'uomo che deve far bastare lo spazio e il tempo alle sue esigenze, nella consapevolezza che ad ognuno è data una misura, una misura che deve essere rapportata proprio alle sue azioni ed alle sue esperienze di vita. Nei racconti di quest'opera si vede proprio come il pensiero e la razionalità condizionino i destini dei protagonisti. Tali racconti pur prendendo spunti da fatti di vita sono completamente inventati, ed ogni riferimento a fatti reali deve ritenersi del tutto casuale. |
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VIRUS 13 (IL VIRUS DELLA SEPARAZIONE) |
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Dalla premessa dell'autore: "Sembra una maledizione, un'altra infezione è venuta fuori nell'anno 2013, e sembra colpire le donne della seconda età, cioè quella compresa fra i venticinque ed i quarantacinque anni: ...l'infezione è quella causata dal "Virus 13", così da me nomato per l'anno di insorgenza. Non sono "maschilista" le donne non me ne vogliano, la mia è una pura e semplice constatazione. Analizzo i fatti e ne traggo le logiche deduzioni. In due mesi ho contato fra i miei conoscenti sessantuno separazioni, più di una al giorno, e tutte per volere delle donne. Per questa infezione non sembra esserci alcun antidoto, e l'unico rimedio efficace sembra essere "la quarantenna". No, non mi son sbagliato, non la "quarantena", di quaranta giorni, ma proprio la "quarantenna", di quaranta anni, cioè la separazione perpetua culminante col divorzio. |
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SPERANZA NEL FUTURO - HOPE IN THE FUTURE |
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Si ringrazia per la traduzione lo scrittore Fabrizio LeoniDalla premessa dell'autore: Anno 2015, è un anno nero! ...la gente soffre, la gente si dispera. Non c’è lavoro e chi lo perde è nero, altro non trova in questo mondo altero. La gente emigra, lo fa per non morire, e per la fame non dover patire. E chi rimane, senza lavoro cresce e, una famiglia non è riesce a farsi. E dalla guerra le persone in bilico, scappano disperate e anch’esse emigrano. Dall’Africa arrivano immigrati nell’Europa, ed Europei vanno in America. È tutta gente stanca e disperata, con il colore della pelle variegata, che guerre o fame spingono a partire ed è disposta pure a morire, per realizzare quel sogno che è di tutti, vivere come vuole ogni diritto. È l’uomo nero che di più si sposta e che con l’uomo bianco si commista. E in questo contesto di disperazione si leva l’inno per la nostra Europa, e si invoca l’onestà e giustizia per fare si che l’umanità esista. E si invoca l’amore universale ed il rispetto fra anime uguali, in modo che si economizzino le risorse affinché questo pianeta non vada a morte. Ed in questo mondo che sempre più arranca si cerca un seme di valida speranza. Una speranza ancora nel futuro per fare si che il seme germogli ancora. Ma tutto questo dipende dal comando e dalla coscienza che questo tiene dentro, sapendo che non si muore mai da soli: ...se muore il popolo anche chi regna muore! |
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LAMENTI ACQUAVIVESI (VENERDì SANTO) - "MARIA CA LA PIGLIà" |
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Dall'introduzione dell'autore: Acquaviva Platani è un paese sito a circa 550 metri sul livello del mare, nella provincia di Caltanissetta (CL).
Dista circa 100 chilometri da Palermo, 65 da Caltanissetta e 35 da Agrigento. È circondato, come un anfiteatro, dai paesi di: Mussomeli (CL), Sutera (CL), Campofranco (CL), Casteltermini (AG), Cammarata (AG), San Giovanni Gemini (AG). È un piccolo paradiso di quiete idilliaca indovato nella valle del Fiume Platani, ai piedi del Monte Cammarata, titano indiscusso della catena montuosa dei “Monti Sicani”. La sua ascesa demografica è stata sino al 1951, in cui ha toccato il culmine con 3.672 abitanti, dopo di ché la popolazione, a causa dell’emigrazione, è andata riducendosi sino a contare oggi circa mille abitanti. La superficie del territorio terriero è di circa 15 chilometri quadrati. All’inizio era un feudo ducale, e a tutt’oggi sembra essere legato a residui tributi. Miniere di salgemma e di zolfo, nonché l’agricoltura e la pastorizia, oltre i servizi di primario interesse, erano le sue sorgenti reddituali. Con l’emigrazione si conta che oggi circa 70 mila acquavivesi, emigrati e loro discendenti, siano sparsi per il mondo, contribuendo alle ricchezze delle nazioni in cui risiedono e facendosi onore in tutti i campi. Monumenti storici del paese sono: la “Chiesa Madre S. Maria della Luce” (1635); “Il Palazzo Ducale” (1680); la “Chiesa Madonna delle Grazie” (1890); “La Torre dell’orologio” (1894), sorta al posto del torrione merlato (che venne demolito) del castello (poi palazzo ducale) del principe Spatafora; “La Chiesa del Purgatorio” (1914), chiamata pure “Santa Maria del Carmine”. Le feste principali di Acquaviva Platani sono: la “Festa della Madonna delle Grazie”, protettrice degli acquavivesi emigrati all’estero, festa patrona, che si celebra la prima domenica di agosto; la “Festa di Maria S.S. Annunziata”, protettrice dei minatori delle miniere di salgemma, che si celebra il venerdì precedente la terza domenica di agosto; la “Festa del S.S. Crocifisso delle Grazie”, santo patrono di Acquaviva Platani, che si celebra la terza domenica di settembre; la “Festa della Breccialfiorata del Corpus Domini”, ideata nella primavera del 2014, che si svolge in concomitanza con il “Corpus Domini”. Degno di essere visitato è “Il Museo dell’Emigrazione”, istituito il 4 agosto del 2005. Degni di nota e culmine della tradizione acquavivese sono “I Lamenti del Venerdì Santo”, opera magna di una tradizione e di una fede sempre presente in un paradiso fatto di piccole cose. |
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LU SUICIDARIU (LA DIGNITà DI L'OMU) |
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Dalla premessa dell'Autore:
Il duemila e diciassette è un anno di sacrifici. Il lavoro scarseggia e il debito pubblico aumenta. Ogni italiano (neonato o ultracentenario) ha più di 35.000 (trentacinquemila) euro di debito sopra la sua testa, e l’avvento dell’euro è stato la concausa di questo dirupo. E chi perde il lavoro a cinquantanni ha poche possibilità di ritrovarlo, e poi l’immigrazione incontrollata ha fatto si che le cose si aggravassero ancor di più. L’ ONG, con le loro navi, vanno a prendere gli immigrati sotto le coste della Libia, dove i gommoni già alla partenza, rischiano di affondare, e ce li portano in Italia, nei nostri porti. E tante volte, alcune navi delle ONG, danno indietro i gommoni agli scafisti, permettendo loro di fare altri viaggi. Gommoni che, per miracolo tengono il mare e, che si lasciassero navigare affonderebbero da soli solo dopo qualche miglio. E qualcuno fa grandi affari con questo vile commercio di carne umana. Ma pochi sono i veri rifugiati politici (solo il cinque per cento circa di tutti gli immigrati), tutti gli altri sono invece migranti economici. E ognuno di questi costa al popolo italiano circa 35 (trentacinque) o 40 (quaranta) euro al giorno, mentre in Austria ognuno di essi costa circa 19 (diciannove) o 21 (ventuno) euro al giorno. Chissà perché questa differenza? Eppure tutte e due le nazioni fanno parte dell’Europa. “Il suicidario” è un dialogo tra due amici che si incontrano dopo tanto tempo. Uno, Giovanni, è fortunato perché ha ancora il lavoro e l’altro, Totò, è disperato perché ha perso il lavoro e non ha più alcuna speranza di trovarne un altro. E Totò racconta all’amico tutto quello che fa per tirare avanti, e gli dice: “in Italia non mi resta altro che fare l’extracomunitario, per cambiare il mio stato di disoccupato e aiutare così la mia famiglia, oppure fare il suicidario, facendola finita, e mettendo fine al mio stato di sofferenza”. Pensa che gli extracomunitari vivano meglio di lui con l’aiuto che loro da lo Stato, ma alla fine capisce che questi non stanno poi così tanto meglio. E arriva alla conclusione che la dignità dell’uomo, e la ricchezza di ogni nazione, viene dal lavoro. Se un uomo non ha un lavoro e non può mantenere la sua famiglia perde la dignità di uomo e si sente una cosa inutile: “La dignità dell’uomo si perde quando un figlio chiede del pane e un padre non glielo può dare!”. |
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L'AMOUR EST AVEUGLE (L'AMORE è CIECO) |
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Dalla premessa de''autore:L’amore è cieco e non guarda in faccia nessuno, e se ne frega della vita delle persone. E fa vedere meraviglie dell’universo in cose semplici, che per tanti sono niente. L’amore è un fuoco che ti brucia dentro e che ti porta in cima al firmamento. Muta i destini e spesso distrugge gli animi nobili di gente senza macchia. L’amore è un moto che muove le montagne, ma è anche un acquitrino che si stagna quando si perde e finisce in un burrone, e lascia sole maree di persone. Ma l’amore è pur fuoco di paglia, arde in un attimo e subito si spegne, se non è supportato da ideali e da interessi, che come bastoni lo fanno sempre reggere. L’amore è cieco, pur senza bende sugli occhi, e fa vedere quel che non esiste. Fa dea la donna anche più banale, e tesse lodi che non hanno eguali. L’amore è cieco, e pur ci vede bene perché dà l’eternità all’umano genere. E c’è pur gente che sospira ancora perché ci crede ancora nell’amore, e ancor l’aspetta agli angoli di strada usando il cuore come telecomando. Ma l’amore non segue la ragione, l’amore è cieco e per questo va a tentoni. E chi vien toccato non è un fortunato, vive momenti e poi resta dannato. L’amore all’essere umano è gemello, entrambi sono esili fuscelli. |
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NU CISTICEDDU DI VIMINI |
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Dalla premessa di UN CESTELLO DI VIMINI, racconto in dialetto siciliano con traduzione a fronte: |
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VITTIMI DI LA ME TERRA - VITTIME DELLA MIA TERRA |
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Poesie in lingua siciliana con traduzione a fronte. Dalla presentazione dell'autore: "La mia terra è una Terra insanguinata perché la mafia non vuole essere ostacolata. La mafia e come una mignatta e succhia il sangue della povera gente, che ogni giorno stringe la cinta perché, per la fame, le budella sono serpenti. E dove c’è la fame, c’è sostanza e, c’è la forza della manovalanza. L’uomo mangia l’uomo se ha fame, perché l’istinto della natura glie lo impone. La mafia nacque per opere di bene, per fare giustizia dove lo stato non viene, per dare il giusto alle anime innocenti e tener testa ai veri delinquenti. E diventò uno stato nello stato, da tutta la povera gente riverita. Ma poi diventò una tagliola, quando il saggio capo invecchia e muore. Ora le leggi sue sono personali e sono solo leggi per arraffare. Non pensa più al bene della gente, ma pensa solo a riempirsi la tasca. Eppure la Sicilia ricchezze ne ha assai, basta usarle nella legalità."
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Per i lettori di Carta e Penna ha scelto:
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