Casadei Franco:
medico, vive e lavora a Cesena. |
Per i lettori di Carta e Penna ha scelto:
IL BIANCO DELLE VELE |
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Prefazione di Antonia Arslan
«Ci sono alcuni versi, alcuni momenti della poesia di Franco Casadei, che si imprimono nella mente appena letti, con immagini precise, avvolgenti, reali come un pezzo di pane o un fiore (...). Si rivela in ogni sua frase un amore per il creato che non è solo fraternità verso l'immensa varietà del cosmo, ma anche lucida percezione che – dietro – qualcuno esiste che governa tutto questo: e noi possiamo solo tentare di coglierne qualche immagine riflessa.»
Si è classificato al primo posto nella sezione Poesia Edita nei seguenti premi letterari negli ultimi mesi del 2014:
- “Città del Tricolore” (Reggio Emilia)
- “I libri di Morfeo” (Sortino di Siracusa)
- “Sellion 2014” (Sellia Superiore di Catanzaro)
- “A. Proviero – Città di Trenta” (Cosenza) |
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I GIRASOLI |
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Solenni e fieri nel cuore dell’estate
a inizio autunno, a capo chino come seni stanchi, una schiera di soldati annichiliti e vinti.
Come rondini sospese
All’imbrunire d’autunno il cielo della torre nero, all’improvviso, d’ali
da gronde e giardini si schiera lo stormo e segue, fra mille, uno
volteggia il condottiero in ampie curve, si alza vira, si agita la flotta, nel fremere dell’aria diventa geometria, memoria di un altrove
nell’ora dell’andare si resta come rondini, sospese fra partire e stare.
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I PAESI SPERDUTI D'APPENNINO |
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Lungo la spina dorsale dell’Italia
nei mille paesi deserti e abbandonati
riposa la nostra storia antica,
una desolazione
che ha il respiro del passato
scampoli di bellezza diroccata,
qualcosa di sacro
che riposa in quelle pietre
la magia del silenzio
di un mondo ormai scomparso,
ricordi di remote lontananze
di un retaggio che non può morire. |
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IL VIAGGIO |
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Se la linea blu del mare ci seduce
è perché la sua immensità
ci rammenta orizzonti più lontani
se scaliamo le montagne
se viaggiamo per contrade e città ignote
per cogliere frammenti
di una bellezza sconosciuta,
è perché stiamo inseguendo
una geografia interiore,
la vita nei suoi anfratti più segreti.
Passiamo all’altra riva ̶ diceva Gesù ai suoi ̶
non significava soltanto un altro luogo,
ma abitare la vita in altro modo
un camminare con un altro passo sulle strade
un aprire le finestre al quotidiano
con uno sguardo rinnovato.
Il viaggio è un’esperienza di frontiera,
un prolungato ruminare che incanta e inquieta
e rivela di noi dettagli inesplorati.
E’ la nostra coscienza che cammina
che vuole passare all’altra riva.
Chiamati nella nostra itineranza a cambiare rotta,
a riconciliarci con l’origine che abbiamo ripudiato
in questo transitorio esilio
in cui non abbiamo ove posare il capo.
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LE MAESTRE ELEMENTARI |
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Uno spettacolo di festosa innocenza
i cortei dei bambini
allacciati in file composte
sotto gli occhi di maestre avvedute.
In un mattino trasparente di settembre
questi piccoli si guardano intorno
con una dolcezza un po’ smarrita.
Il maestro ̶ un mestiere regale –
insegna ciò che è elementare,
necessario, da non dissipare.
La meraviglia di contemplare
la purità di uno sguardo bambino
a ricordo di ciò che eravamo,
la nostalgia di rinvenire l’incanto
di quanto smarrito per via.
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L€™ESTATE VA A MORIRE |
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Un sole spietato appena ieri,
stagnante il mare
il cielo della notte limpido di luna
stamattina orde di nuvole
in assetto di battaglia,
un vento inaspettato di maestrale
raffredda l’aria e rende inquieto il mare.
Nel porto sciabordano
gli alberi spogli delle vele,
il vento con furore sferza gli oleandri
dissolvendone gli odori.
A fine agosto l’estate va a morire,
l’azzurro da domani avrà un altro colore
e sul verde delle foglie
una nota d’improvviso spenta
nel presagio dell’autunno
l’inizio di un addio. |
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BRUNO E ROSALBA* |
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Quella sera, dopo la fiumana, la riva
sfaldata al gioco delle vostre corse
ingenue, non siete tornati
e io, di tre anni, tre giorni
sulle ginocchia di mia madre,
abbracciato al suo dolore.
Adagiati su legni di porta, dalla bocca
un rivolo sottile di bava, di melma,
gente dai casali, dai vigneti e donne e vecchie
- un mormorio sommesso per l'aia -
chi si segnava, chi portava acqua, chi lenzuoli
e fiori, due uomini in nero dagli sguardi lunghi
e io, di tre anni, tre giorni
su quel grembo duro di singhiozzi
in attesa di un risveglio
come quando Rosalba e Bruno
si fingevano, per gioco, morti
stagioni di silenzio, di respiri grandi
come il vuoto, troppo lungo il gioco…
non aspetto più i loro scherzi, i salti
con la corda, mia sorella che mi spettinava
quel 21 settembre piangevo
per venire al fiume, avreste custodito
i miei tre anni, vi avrei salvato, forse,
forse avete salvato me.
*In memoria di Rosalba e Bruno di 11 e 12 anni, fratelli maggiori dell'autore, annegati insieme nel 1949 nel torrente Ausa che attraversa il terreno di proprietà della famiglia sulle colline romagnole. |
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ROMAGNA, TORNO ALLA MIA TERRA |
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Torno alla mia terra, alle mie colline
fra i colori di un'estate prolungata
mi è stato dato questo sguardo largo
Bertinoro, la sua rocca
la pieve di Polenta
le vigne che mani contadine hanno dipinto
tra case e macchie di boscaglie
lontano, là
l'ultimo lembo di piana
e all'orizzonte infinito il mare
che nei giorni di chiaro
regala il bianco delle vele
sono nato qui
e qui respiro. |
Per contattare direttamente l'autore scrivi a casadeifranco@tin.it