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Foto profilo

Affinito Isabella Michela:

è nata nel 1967 e vive nella cittadina termale di Fiuggi (FR).

Da diversi anni si dedica alla poesia, alla critica d'arte e letteraria; a seguire mostre, italiane ed estere, sugli artisti del passato, per poi scrivere articoli al riguardo; a realizzare sue opere artistiche da riprodurre sulle copertine dei suoi libri.

La passione per la saggistica è nata quando ha voluto approfondire lo stile e la vita di un personaggio letterario, dell'arte, della storia e così ha redatto studi critici con punti di vista molto personali.

Con i suoi saggi ha partecipato a diversi Concorsi Letterari, ottenendo anche il primo premio al Concorso Internazionale di Poesia, Narrativa, Saggistica, Pittura, Scultura e Grafica Triennale “Arte e pensiero... senza frontiere” dell'Accademia Universale Neapolis di Marano (NA) nell'anno 2000, con una dissertazione su “Giorgio De Chirico” pittore esponente della Metafisica. Solo ultimamente ha deciso di pubblicare in volume i suoi lavori di saggistica, cominciando proprio con “Il mistero Dickinson”, viaggio attorno alla poetessa più introversa della Letteratura: “Emily Dickinson”.

Moltissimi i suoi libri di poesia realizzati da Case Editrici, Accademie, Associazioni Letterarie; libri con liriche a tema sulla luna, sulle donne, sui luoghi più suggestivi del mondo, sulla civiltà greca, sul sacro, sull'Arte e i suoi artisti, pittori e scultori di tutti i tempi, sull'astratto, sul mare, sull’amore immortale.

 



Con Carta e Penna ha pubblicato:

IL MISTERO DICKINSON

Copertina libro
Da diversi anni l'autrice si dedica alla poesia, alla critica d'arte e letteraria; a seguire mostre, italiane ed estere, sugli artisti del passato, per poi scrivere articoli al riguardo; a realizzare sue opere artistiche da riprodurre sulle copertine dei suoi libri. La passione per la saggistica è nata quando ha voluto approfondire lo stile e la vita di un personaggio letterario, dell'arte, della storia e così ha redatto studi critici con punti di vista molto personali. Con i suoi saggi ha partecipato a diversi Concorsi Letterari, ottenendo anche il primo premio al Concorso Internazionale di Poesia, Narrativa, Saggistica, Pittura, Scultura e Grafica Triennale "Arte e pensiero... senza frontiere" dell'Accademia Universale Neapolis di Marano (NA) nell'anno 2000, con una dissertazione su "Giorgio De Chirico" pittore esponente della Metafisica. Solo ultimamente ha deciso di pubblicare in volume i suoi lavori di saggistica, cominciando proprio con "Il mistero Dickinson", viaggio attorno alla poetessa più introversa della Letteratura: "Emily Dickinson". Questa ricerca su di essa ha preso parte al Premio "Antonio Filoteo Omodei - Giulio Filoteo di Amadeo" Edizione 2004, indetto dall'Accademia "Il Convivio" del Presidente Prof. Angelo Manitta di Castiglione di Sicilia (CT), ottenendo il Diploma di Riconoscimento di Merito e proposta di pubblicazione sull'Antologia del Premio. Moltissimi i suoi libri di poesia realizzati da Case Editrici, Accademie, Associazioni Letterarie; libri con liriche a tema sulla luna, sulle donne, sui luoghi più suggestivi del mondo, sulla civiltà greca, sul sacro, sull'Arte e i suoi artisti, pittori e scultori di tutti i tempi, sull'astratto, sul mare, sull'amore immortale. 

LO SPECCHIO DI VAN GOGH

Copertina libro

Poesie ispirate alla vita e ai quadri di Vincent Van Gogh, con l’interpretazione astrologica del suo tema natale

 

Dalla presentazione dell'Autrice:

Nell’esaminare il tema natale dello straordinario infelice pittore olandese, Vincent Van Gogh, bisogna tener presente che nacque con un decisivo ‘peso’ esistenziale poiché un anno prima di lui era morto il fratellino che doveva essere il primogenito, mentre fu lui ad esserlo col pungente senso di colpa-perdita interiore. Vincent fu del Segno zodiacale di Fuoco dell’Ariete con l’Ascendente nel Segno d’Acqua del Cancro, connubio non armonico poiché Fuoco e Acqua sono elementi opposti. «[…] La mutevolezza degli stati d’animo e l’impulsività si uniscono qui alla violenza e alla volontà di dominio; questi individui tendono a diventare tiranni tanto nell’ambito professionale quanto in quello familiare. » (Dal volume Astrologia –Trattato completo teorico-pratico di N. Sementovsky-Kurilo, Ulrico Hoepli Editore S.p.A. di Milano, Anno 1986, pag.258). 

La maggior parte dei suoi pianeti li ritroviamo situati nella parte superiore della linea d’orizzonte come a dire che lui era portato verso gli altri, a voler stare in compagnia prediligendo i confronti coi suoi colleghi e lo ha testimoniato quando nell’affittare la Casa Gialla (la maison jaune sempre con l’aiuto finanziario del fratello Theo) ad Arles nel maggio 1888, ne voleva fare un importante centro di convegni per artisti come lui e, nel frattempo, ospitò il pittore simbolista Paul Gauguin ma fino al mese di dicembre dello stesso anno, per un litigio finito in malo modo. Il Segno dell’Ariete è impetuoso, istintivo, carico d’energia a volte incontrollabile che, purtroppo, nella persona di Vincent sofferente d’epilessia e, da come fu diagnosticata la sua malattia secondo la psicoanalisi anche di schizofrenia, allora tutte le caratteristiche positive arietine furono in qualche modo surclassate. Da notare subito che nella Casa Dodicesima, quella delle prove che segnano irrimediabilmente la vita, in Gemelli, Van Gogh aveva ben tre pianeti autorevoli: Marte, Giove e Nettuno a cattiva conferma che sarebbe andato incontro ad inimicizie, calunnie, scandali, alla libertà limitata, ai ricoveri ospedalieri, a problemi nervosi, nonostante la presenza benefica di Giove in questa sede che in qualche maniera lo ha ‘aiutato’ a rialzarsi ogni volta dopo le ‘cadute’. Infatti, in seguito agli episodi di crisi violente ritrovava la forza di rimettersi a dipingere grazie al sostegno morale ed economico del fratello Theo. Saturno, il pianeta della severità e della solitudine, insieme ad Urano stavano in Casa Quinta, il settore degli svaghi e degli innamoramenti facili, del protagonismo in mezzo agli altri nel divertimento cosa che non fu così per Vincent. Parlando di Saturno « Il pianeta in questa sede tende ad assumere soprattutto il suo significato di rinuncia e privazione perché applica la sua forza raggelante all’esplosione di calore energetico implicita nella casa. Tendenzialmente rappresenta atteggiamento diffidente o negativo nei confronti della prole e del sesso, o addirittura un rifiuto dei medesimi a volte sublimato nell’ascetismo. In altri casi, a seconda dei valori presenti nel tema, la rinuncia e la privazione non sono volontarie e caratteriali, ma determinate dalle circostanze. » (Dal volume Lezioni di Astrologia – La natura delle Case di L. Morpurgo, I Manuali Longanesi & C. di Milano, Anno 1983, pag.120). 

Altri tre pianeti, Luna Venere e Plutone, stavano nella sua Casa Undicesima, campo da cui si può rilevare il tipo di conoscenze utili alla protezione e al sostegno morale e quant’altro dell’individuo, e i progetti che egli potrà realizzare ma anche i lutti. La Casa Undicesima di Van Gogh corrispondeva al Segno del Toro prolungato un po’ nel Gemelli, per cui la Luna e Venere stavano nel Segno del Toro e Plutone in Gemelli. Si trattava di una Luna ‘vulnerabile’ conferente al soggetto squilibri emotivi e la stessa infanzia di Vincent fu contrassegnata dalla mancanza di consimili con cui giocare e di essere nato già col trauma del fratellino nato morto prima di lui. Anche Venere, il pianeta dell’amore, sfortunatamente nella Casa undicesima gli impresse la mancanza di garbatezza necessaria per conquistare l’altro sesso e lui non possedeva quelle doti appropriate per amare e farsi amare. Ricordiamo che nell’estate del 1881, lui aveva ventotto anni, ebbe l’occasione di rivedere sua cugina Kate, vedova di qualche anno più grande di lui e con una bambina, ma quando le manifestò il suo amore per lei la risposta della donna fu talmente perentoria nel rifiutarlo da ferire profondamente e per sempre il pittore. Plutone in Casa Undicesima « Nella sua simbologia di protagonismo e di istrionismo gli viene qui a mancare la fiducia incrollabile nel proprio Io che la casa quinta gestisce disinvoltamente in un libero dispendio di energie. Privato del personaggio più importante, sé stesso, Plutone tentenna nella ricerca di una forma adeguata in cui investire il suo bisogno di esibizionismo, e spesso ispira al soggetto una certa bizzosità scontenta che lo spinge a sognare le luci della ribalta (non parlo di quelle autentiche, ma anche sociali o familiari) e al tempo stesso a sfuggirle, quasi temesse di non ricevere adeguati riconoscimenti. » (Dal volume Lezioni di Astrologia – La natura delle Case di L. Morpurgo, I Manuali Longanesi & C. di Milano, Anno 1983, pag.257). Il pianeta Mercurio, degli spostamenti e delle comunicazioni, nel Segno dei Pesci e in Casa Nona, settore dei rapporti con stranieri e dei viaggi, gli ha permesso agevolmente di andare dall’Olanda fino al Sud della Francia, nella Provenza, ma anche in Belgio, in Inghilterra, a Parigi. Infine, il Sole in Casa decima nel Segno dell’Ariete è stato l’unico che lo ha ‘benedetto’ alla gloria immortale, perché è il pianeta principale per eccellenza occupante il campo della personale realizzazione, ambizione e fortuna. Se non ci fossero state le combinazioni negative sunnominate, la posizione di questo Sole avrebbe concesso a Vincent la possibilità certa di vivere un’esistenza appagante. « È una posizione tendenzialmente positiva poiché il Sole trova qui un suo alleato naturale (Marte) associato al suo nemico naturale (Saturno) e la combinazione di questi elementi, con una mescolanza di stimoli e di freni, produce appunto di solito una equilibrata autonomia dell’Io. Il Sole come vitalità ha qui un ottimo terreno per esprimersi in modo razionale, ma al tempo stesso intenso e soddisfacente. » (Dal volume Lezioni di Astrologia – La natura delle Case di L. Morpurgo, I Manuali Longanesi & C. di Milano, Anno 1983, pag. 219).



Per i lettori di Carta e Penna ha scelto:

SIAMO FINESTRE CHIUSE

Se all’indomani

la luce non

attraverserà i

nostri risvegli saremo

allora finestre chiuse,

assopite dentro col

sonno restante. Se una

mano non spalancasse

il cuore che abbiamo

di legno o d’alluminio

sullo scivolo del giorno,

allora sordi restiamo

ai canti degli uccelli,

orfani di nature fatte

solo ad acquerello.

Le finestre già c’erano

al tempo di Leonardo,

di Tiziano e Tintoretto,

anche le torri più

severe avevano occhi

sottili, il muro non

può essere solo muro, la

feritoia è una speranza

che deve transitare.

Siamo finestre chiuse

quando le cicale ci

dicono di rimanere a

dormire sul guanciale

sgualcito dall’inerzia

di non voler superare

il confine del nostro

rettangolo di fronte.

LA SINTESI DI UN FIORE

Non bisogna

usare troppe

parole per chiarire

l’anatomia d’un fiore,

in fondo si tratta solo

dell’allungamento

dello stelo che avviene

se c’è amore. Tutto

si svolge in fretta,

l’occhio vede solo la

parte perfetta una

corolla che parla di

circonferenza aperta

e di petali che

invitano a formulare

domande brevi come:

M’ama o non m’ama?

Il fiore è il riflesso

della nostra coscienza,

la sintesi di un affetto

alta muraglia cinese

sul territorio del cuore

fino alla rinascita

dell’impero del sole!

LA BELLEZZA DI TADZIO

La seguente poesia è dedicata a un preciso personaggio della novella di Thomas Mann, dal titolo “La morte a Venezia” del 1912. Attraverso i versi s’è delineata la figura del giovanissimo polacco, Tadzio, ignaro del travaglio che stava attraversando in quel momento la città lagunare; eppure, lui con spontaneità elargiva fotogrammi della sua innata bellezza a chiunque lo guardasse.

 

Non faceva

niente se non

frammisto all’eleganza

acerba, primigenia

d’un ragazzo sui

quattordici anni

educato forse per far

parte dei marmorei

capolavori greci, ma

lui era in vacanza a

Venezia. C’erano altri

suoi coetanei… è che

lui risaltava forse per

i capelli (troppo) lunghi,

il viso opale nonostante

le rapide azioni possibili

che un giovane poteva

svolgere sulla rena,

quelle assidue ricerche

di granchi, conchiglie,

cimeli vivi ed essiccati

delle sponde veneziane al

tempo in cui l’aria

decadente s’infilava

ovunque. Tadzio!

Tadzio! Lo chiamavano

per distrarlo dal bagno

e per tendergli

l’accappatoio come un

guanto ripreso chiedendo

scusa per averlo lasciato

un istante. Era semplice

la sua sfida per sembrare

eletto in fondo era

solo un ragazzo non

sapeva ancora nulla del

dolore, nulla della

morte.

ANGOLI E IPOTENUSE

Quegli spazi

che s’ottengono

dall’incrocio di due

rette ortogonali

pur senza volerlo

o per progetto di

qualcuno, ebbene

in quello spazio di

novanta gradi c’è

il regno del

nascondimento che

si chiama angolo. Si

può restringere,

allargare, diventare

piatto a giro non

importa resta un

luogo privilegiato non

solo per il matematico,

ma per chi vuole

inquadrare la propria

origine. Sentirsi anche

concavi e convessi per

scivolare poi dalla

elementare ipotenusa d’un

triangolo rettangolo,

lo scivolo dei piccoli

partendo dal punto B

per arrivare al punto C

rasoterra. È che la

geometria ha un

linguaggio preciso e

aiuta l’Essere a non

smarrire il baricentro, a

calcolare e ad appartenere,

a camminare sulla propria

retta per tutta la lunghezza

per cui è stata pensata!

BIBLICO AMORE

Il quel Sesto 
giorno nacque anche
l’affetto quando Adamo 
si svegliò dal torpore e
vide Eva dalle membra
sottili così diverse 
dalle sue…
Adamo dall’argilla,
Eva dalla costola di 
lui e fu subito un
biblico vincolo, il
primo e l’ultimo nel
giardino dell’Eden. 
E fu sera… e fu il
nuovo giorno a
vederli inebriati di
sensi camminare
sulla prima crescita
dell’erba senza
chiedersi sul domani,
perché sicuri di
restare insieme.
Così gli occhi di Adamo
non vedevano altro 
che quelli di Eva,
mentre il Creato 
attorno era perfetto 
per il Primo atto
della storia e fu da
quel semplice amore 
biblico che poi
scaturì l’Umanità!

L'ULTIMA PAROLA è DELLE RONDINI

Garriti su
garriti concentrici
e in verticale si
esauriranno col giro
di boa del finale
equinozio fra le
tende che il cielo
congiungerà sopra di 
noi. Chiasso di rondini
nell’antimeridiana
prima che la calura 
tolga il canto 
alle cicale, le vedi 
roteare attorno a
sciolti pensieri macchie
nere (non di quadri
impressionisti) che
a gruppi spostano
l’aria verso la giocondità.
Quando l’obliquo
fenderà il reale l’ultima
parola sarà delle rondini,
spada di cavaliere che 
taglierà in parti eguali
il giorno e la notte,
portandosi via la
vividezza del loro 
zigzagare.

TESSITRICE DEL TEMPO

Curva sui fili, 
fatico la tela 
sulla quale apparirà 
la storia e i personaggi
che la vivranno e 
che diventeranno eroi.
Non chiamatemi Penelope
la mia tela non è 
infinita, i giorni mesi e anni
un giorno finiranno 
coi miei fili e più nessuna
immagine di storia ravviverà
il vuoto della tela. 
Chiamatemi, invece, tessitrice
del tempo giacché mai mi lamento
quando riannodo ciò che
Atropo aveva tagliato più
svelta di me che non 
avevo guardato.
Ogni tanto alzo 
gli occhi per realizzare 
in quale millennio ci troviamo,
se ancora esistono le 
bellezze del creato o l'uomo
le ha distrutte con
l'alterezza che possiede, 
egli non vede il disfacimento
della storia e gli stessi errori
ripete provocando 
strappi sulla tela. 
Curva sui fili...

LA MUSA CENERENTOLA

In nessun luogo e
in nessun tempo sarebbe
potuta esistere, esile 
dappresso a raccogliere
le briciole, rassettare il
tempio, rendere lucido il
marmo dei pavimenti
grigi come il cielo di 
Atene a gennaio. La
Musa cenerentola 
si ritrova in una fiaba 
già narrata c’è bisogno 
di una fata per renderla
degna di salire sul Parnaso,
non ha il peplo adatto,
i sandali slegati e le mani
hanno lavorato troppo,
la passione per le arti è
rimasta nascosta sotto
la cenere degli anni, le
colonne sono state la
sua casa l’architrave, i
capitelli, la trabeazione.
Le sorelle sono andate
ad ascoltare le lezioni
di Apollo attorno alla
fonte d’Ippocrene ogni 
giorno, mentre lei versava
l’acqua nei catini e metteva
ad asciugare stralci di 
pensieri raggrinziti soltanto
adesso una fata l’ha resa musa
della danza più leggera.

RICOMINCIARE DA ATHENA

Caduti i massi
della memoria 
bisogna riscrivere
l’antico, di come nacque
il Mito sulla riva della
letteratura classica tra
le conchiglie plissettate
dalle mani di nereidi.
È difficile immaginare
un altro Olimpo, altre
guerre per una donna
rapita per la sua bellezza,
ricominciare tutto da
Athena perché è stata
lei a fondare la città 
perfetta, con l’equilibrio
imperituro. Athena per
prima indossò l’elmo, lo
scudo e la corazza e mai 
perse una battaglia, 
le strategie le venivano 
di getto ispirata dalle 
brezze e dal movimento
dei serpenti, dal colore 
della sabbia e dal punto
in cui finiva la sua lancia
scagliata nel bel mezzo 
di un non facile pensiero.
Athena e il gufo,
Athena e l’alabarda,
Athena e il filo pronto 
per la tessitura consigliò
a Penelope di produrre
l’infinita tela fino al
ritorno dello sposo Ulisse,
fino al resoconto della
sua protezione sapienziale.

IL COLORE DELLE RONDINI LONTANE

Dalla bellezza di
un nero che 
sopraggiunge con
San Benedetto alla
coreografia fatta
di grida soltanto,
così si annunciano 
le rondini dal tempo in
cui l’uomo ha alzato gli 
occhi verso il cielo. Il
realismo di vederle 
basse nel volo è un
miraggio voluto 
anche dal sole, chissà
dove vanno a dormire
le rondini accettando 
per esse un degno riposo.
Vedi, per esempio, di
giorno sono macchie
sul vetro dell’atmosfera,
ripetono la melodia 
della sorpresa in 
gruppo fanno parte di
un coro e circondano
l’estate come i suoni
attorno ai colori.
Stanche giungono in
autunno non hanno più
voglia di lottare contro 
con la gravità, ad una
ad una escono di scena
e con la tavolozza in
mano cercherò di indovinare
la tonalità del loro
addio!
 

LEGGENDA

Scorri tra le righe
di un libro
senza accorgermi
che ho lasciato
di capire la realtà
per entrare nel tuo 
regno fatato
costruito con le illusioni
della mente
e del cuore degli eroi.
Ci sono sempre
cavalli bianchi
che corrono sulla riva
di un mare sconosciuto,
castelli grandi
con le segrete dove
è rinchiuso un innocente
da salvare,
amori come quelli
di Tristano e Isotta
che finiscono perché
il destino vuole
che si parli di loro
dopo una morte
ingiusta e nello stesso tempo
salvatrice.
Leggenda, hai preso
da me tutti i sogni
e quello che resta
dopo la tua fine e soltanto
un libro chiuso fra le mani!

MACCHIE DI FARFALLE

Non è ancora
iniziata la festa
gialla, la festa del
grano e delle lucertole
sta dietro un tronco,
ma nell’aria vedo
macchie di farfalle
sulla tovaglia del cielo
dove pranzano gli
angeli.
I fiori chiacchierano
e gli alberi crescono
nel numero delle foglie
le macchie aumentano,
dove i disegni di
corolle sembrano veri
e veri sono gli steli
che sostengono il
peso della fioritura.
Macchie che per
il momento si
divertono a volare e
a non sparire perché
al sole piacciono e
anche agli angeli
che rincorrono il
variegato volo.

PROBABILMENTE SARà POESIA

Accastellate parole in
scenografie barocche
abbracci di colonnati i
pensieri da mistici
si fanno più sublimi fino
a stasera sarà poesia,
avrò parlato coi lumi
una carezza dalle muse
tanto per avere un’influenza
greca. Probabilmente
sarò sull’acropoli 
all’altezza giusta delle
ispirazioni, io amica delle
cariatidi a reggere il
peso di tutte le mie
parole, tempio dopo
tempio conoscerò
le loro sezioni, vedrò
l’anima di ogni colonna
regine portanti della
mia trabeazione. 
Accastellati stati
interiori sono io che
vi do la parola, uscite
da me e vi stendete sul
foglio che ho posto
davanti fino a stasera
ci sarete tutti. Strutture
architettoniche attraversate
dai miei sentimenti non
vi lascio senza l’ordine
dorico, ionico o
corinzio quando scenderò
dall’acropoli avrò quella
lirica che Omero avrebbe
voluto scrivere prima
di me.

NEL SOGNO DI ISIDE

Nell’Antico Egitto
tutto era ripreso
di profilo, un’infinita
letteratura fatta di
disegni le ancelle che
accudivano Nefertari, ali
strategiche irreali per
accogliere il defunto.
Iside e Osiride,
una lunga storia da cui
nacque Horus  che
vendicò il padre
uccidendo Seth, la
barca funeraria procedeva
lenta affinché il viaggio
dei defunti si svolgesse
senza gli agguati 
del Caos. La sabbia e
l’oro si confondevano,
la passione per l’enormità
nelle statue, nelle tombe,
nella quantità dei
monili per il defunto
Faraone che comunque
continuava a vivere
all’interno dell’impossibile
piramide. Dinastie,
maledizioni, tesori,
scritture ancora da
decifrare, le donne
innamorate del Nilo si
immaginavano nereidi
immortali fino alla
riva del regno Superiore.

COSì TI CHIAMAVA SAN FRANCESCO

Sorella Luna,
così ti chiamava 
San Francesco 
pensando che 
indossavi dei sandali 
per camminare nel
cielo della notte
senza inciampare 
nell'oscurità del
male.
Sorella Luna, 
così ti chiamo anch'io
pensando alla semplicità
di San Francesco e alla
sua scelta di indossare 
il saio della penitenza,
forse anche tu indossi
il peplo dell'ammenda
e quando vai in preghiera
scompare la tua 
immagine nel buio.
Sorella bianca così
sei rimasta da millenni
e prediligi i santi e 
i poeti perché ad essi
regali la nitidezza che
tanto fu amata dall'umile
San Francesco.

IL CANTO DELLE PIETRE

Ci dimentichiamo
delle pietre che
giacciono ostiche 
sui sentieri di montagna,
il loro silenzio è
un canto d'aberrazione
che ci fa tornare indietro
mentre il bosco cambia
di verde per sembrare
più solenne.
Le pietre si spostano
solo quando qualcuno
s'innamora della loro
sagoma e quante volte
ho lanciato un sasso
nel mare che mai
riuscirà a cambiargli
forma.
Non sono conchiglie 
eppure emettono un
canto ch'è la loro 
storia musicata dalla
durezza che raramente
si può scolpire, ma non
per un'altra Pietà di
Michelangelo.
Amiche fra loro
non sono, le pietre
amano i luoghi solinghi
e fanno compagnia ai
defunti poiché dentro
sono fredde come l'uomo
privato dell'anima.

UNA LINEA

Trovami 
una linea uscita 
dal mondo della
geometria…, trovami
il senso di quella linea
che possa unire il
concavo e il convesso,
il sole con la luna e
non sentirsi esclusa.
Trovami 
una linea che possa
ferire come una spada
l'orgoglio di una sfera,
l'orgoglio di un pianeta
che gira solo per 
se stesso disperdendo 
nell'universo particelle
di grandigia.
Formeremo
(io e quella linea)
due rette parallele 
all'infinito gareggeremo
per arrivare in tempo
prima della fine della
geometria i cui 
pilastri sono antichi
quanto quelli della 
filosofia.
Esiste una linea
che viaggia da sola
a volte si spezza, a
volte è retta e da sola
infonde un senso alla
semplicità del segno.

TRA LE SPIGHE

Nemmeno 
i pittori sanno 
quant'è ecumenico
stare tra le spighe 
prima che diventi
estate e si brucino
le sfumature che
la primavera aveva
inventato.
Nemmeno 
i poeti sanno 
quant'è ideale
sostare tra le spighe
e contarle ad una 
ad una ricostruendo
nella mente un quadro
assolato di Van Gogh,
nemmeno io
comprendo il
calore di quelle spighe
che egli aveva dipinte.
Soltanto i
contadini sanno
che altro contengono
le spighe, quanta
fatica e quanta apprensione
in quel giallo dorato
finalmente maturato
tra il canto del gallo
e un altro anno passato.

DALL'ORACOLO

Bassa marea
di parole che non
sento dall'Oracolo
provengono per
dirmi cosa farò dopo
l'uscita da questo tempio.
Alta marea
di parole che ascolto
dall'Oracolo con le
labbra in moviemnto,
mi strasmette il suo
entusiasmo sicuramente
per un futuro da trascorrere
nel suo tempio.
Dall'Oracolo ogni
presente si frantuma
per ricominciare in 
maniera dissimile,
anch'io ho visto
sminuzzarsi la mia
linea d'orizzonte.
L'Oracolo ha il
suo peplo dipinto
da De Chirico, donna
o non donna si nasconde
fra domande metafisiche
che a esso rivolgiamo senza
che il tempo le conteggi.
Si tratta di una tela
che qualcuno ha reso
opaca e quando il
responso è detto
si girano le spalle e
la Grecia è già lontana
per chi era venuto
sopportando gli umori
instabili del mare.

ESTUARIO

Arriva fin
lì il pensiero
all'estuario luogo
d'incontro con
l'azzurrità marina.
Ho visto
l'estuario modellato
dalle maree che
incessanti obbediscono
alla luna e nella
fusione fiume-mare
io sono il colore
verde-azzurro
delle acque che
s'incontrano.
L'indecisione di
correnti che si
evitano e si rincorrono
in questo luogo dove
le trasparenze
ribollono, qualcuno
ha disegnato un
triangolo, ancora
una volta la geometria
si manifesta.
Passaggio in
cui il fiume si
trasforma, si spoglia
di se stesso per
indossare il mantello
del mare e si allontana
formando già le onde
salutevoli l'estuario. 

SE HO SCRITTO...

Se dopo la pittura ho scritto
è perché la voce è cammbiata:
prima erano i colori
a proferire il mio stile,
poi è subentrata l'anima,
Se ho scritto sulla
luna è perché non l'ho 
mai capita investita di
luce solare è notturna
misticamente donna,
che gioca a scomparire
nell'universo spettacolare.
Dopo la luna il mare ha riempito
i miei fogli già maditi di
fatica e dopo ancora
gli amori immortali così
difficili da spiegare con
Ettore e Andromaca che
- in carne e ossa o di legno -
si sono ugualmente lasciati.
Se ho scritto su Venezia
è perché non volevo
vederla annegare, ho
accarezzato le sue mani
di vetro e il sole è apparso dietro
la sua visibilità di maschera.
Se ho scritto poesie
è perché il tempo era
breve per un romanzo,
ho preferito i versi per
cantare di me e di ciò
che nel baule degli acrobati
(di Picasso) in giacenza
è rimasto.

FRAMMENTI D'ARTE

Se la Gioconda
smettesse di sorridere
- seppure lievemente -
s'infrangerebbe il
suo rinascimento
durato fino adesso
e sul pavimento del museo 
ci sarebbero
frammenti di Leonardo.
Se la Guernica avesse
un aspetto razionale
s'infrangerebbe lo
stile suo cubista, le
urla impressionanti
unite al pianto per
una feroce guerra.
Se le nenfee non
fossero così irreali
abbandonate al
sonno impressionista,
ma si fecero ritrarre da
Monet per diventare
regine di uno stagno
senza tempo e il
passivo delle ombre.
Se l'arte cadesse a 
terra il mondo rimarrebbe
orfano d'immagini
vive e fresche di come
sono sempre state
appese alle pareti
del tempo che le
ammira - fermandos -
contento.

IL VASO DI PANDORA

Molte mani
accarezzavano
l'oggetto donato
a Pandora
nella notte
dei tempi, vaso
prezioso con
decori marini,
l'oro e l'argento
erano i capelli
di meduse.
Custodiva quel vaso
segreti e non
pietre preziose,
chiuso e accanto
a Pandora mostrava
i suoi colori mentre
le leggende gli
scorrevano intorno.
Prima donna
modellata da
Efesto, Pandora
ricca di doni
si avviò sulla
terra di Grecia
e stringeva quel
vaso pesante
di misteri divini.
Curiosità di donna,
dal vaso uscirono
tutti i mali e Pandora
è ancora lì che piange.

VOCE DI FONTANA

Esce con
l'acqua voce
di fontana fresca
in ogni ora
dell'umanità
assetata che
non ascolta quello
che dalle labbra
di un mito in pietra
attraversa il silenzio.
Mi avvicino
alla fontana
che rigenera anche
il presente, starti
vicino mi sembra
di essere tua amica
sin da quando
la vasca si
riempì delle
tue grida.
Voce di fontana
autentica nel
cuore di una
città romantica,
chissà dove finisce
il tuo racconto e
ricomincia il
mio ascoltare.
Quale scultore
ti ha dato anche
la voce oltre a
convogliare l'acqua
nella gola tua di
Telamone?
Rinfrescami
la mente di
poeta e scriverò
anche del tuo
zampillare.

LA NAVE DI ULISSE

Alzava le vele
secondo il volere
di Athena che
parlava ad Ulisse
come ad un fratello 
eppure vagò 
per molti anni
senza poter tornare
ad Itaca.
Aveva la prua
gagliarda da far
nascere la rabbia a
Poseidone e la
nave di Ulisse non
chiese perdono e il
mare fu la sua prigione
e le onde furono
le sue catene.
Neppure le sirene
la dimenticarono
e neanche Polifemo
per quel che ricordava
dall'alto di una rupe
non vedente, cercò
di colpirla con un masso.
Dimora di un eroe
senza dimora,
luogo di battaglie
perse e vinte,
nave sfortunata
di Ulisse coraggioso,
il mare ti cerca ancora
ma tu riposi altrove!

IL RIPOSO DI FLORA

Con fili d'erba
aggrovigliati e
confusi coi capelli,
Flora riposa 
senza anelli 
in un mare di coralli
che di onde ne hanno 
poche, perché 
c'è solo il prato.
Il suo mondo è
la natura sempre 
verde, sempre in festa
fino a sera e non
dice mai bugie,
perché la natura 
è vera.
Cosa sogna Flora
in quella mente 
virente con le
rose che circondano
la corona sua 
d'ancella di madre
Natura e non cade
pioggia a sciogliere
quei riccioli attenti,
mentre Flora riposa.
Gli gnomi la sollevano
come foglia leggera
per condurla a riparo
da ogni cosa e 
l'elastico dei tuoni
si ribella al mutamento
e fa rumore per
svegliare l'ancella.
Flora si sveglia.
Flora non riprovera
e scioglie le mani 
per ritornare a 
dipingere la sua
stagione più bella! 


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