| L’amico è colui col quale sorridete al mondo, quando altri sembrano indifferenti; è colui che vi aspetta se vi attardate nel cammino che, insieme, avete scelto di percorrere; è colui che non ignora un dolore che vi travolge, e non dimentica chi siete anche nella lontananza.Un’amicizia leale e sincera, fondata su solidi sentimenti, resiste al trascorrere del tempo, alla distanza fisica e non si perde nell’indifferenza. Nasce spontaneamente, cresce nella complicità e si consolida in un legame fraterno duraturo. Raro e prezioso. È un intenso rapporto spirituale che si manifesta con ascolto e sostegno reciproci.
 Un’amicizia fedele non tradisce la fiducia, non giudica aspramente, non abbandona nelle avversità. È un balsamo per il cuore ed un tonico per lo spirito.
 
 
 
 All’AmicoHo sondato i meandri del mio cuore, Dove - fiero - il passo che indugia
 Nel suo cammino, timido e pago,
 Uno sguardo agogna benevolo.
 
 Scemando nei chiaroscuri del giorno
 Al cielo s’innalza austera la preghiera,
 Quando il destino lagrime mi presagisce
 Grevi nel travaglio mi serrano impietose.
 
 Tace il silenzio sul greto del fiume
 D’acque scintillanti nel cerulo sole,
 Tra gli arbusti del bosco d’inverno
 Mi tende l’Amico la sua mano.
 
 
 
 SpecchioTurbato, quante volte– vagheggiante –
 varcai l’ignoto
 coi miei passi,
 cercandoti dovunque.
 
 Nutrii speranze,
 come colui che sogna,
 senza però ritrarsi
 – informe, irreale –
 che riflesso in uno specchio!
 
 
 
 Il sole d’invernoSei giunto a novembreSolcando le tue carte
 Come un vascello il mare;
 All’imbrunire del giorno
 Vibranti afflati di vita
 S’animano, fioriscono in te.
 
 Il tuo piede leggero
 S’inoltra per ignoti sentieri,
 Quando, di lontano,
 Nel segreto del cuore
 Odi, solenne, una voce
 Il tuo nome riecheggiare.
 
 Risorto da oscuri abissi
 Al mondo, fiero, ti riveli;
 Come in un prodigio
 Solo per te il fato riluce,
 Mentre, amorevoli,
 Solerti mani si protendono.
 
 Scintille rifulgono nel cielo.
 
 
 
 
 LETTERE ALLA MADRE con Elegie e Carmi
 
 Elegie e Carmi
Dedicazioni alla Madre ELEGIE O Madre!Un'assenza è l'immanenteSegreto, sotteso nei lamenti
 Della voce, delle voci
 Che turbano, importune,
 Tra le raccolte brume,
 O Madre!
 
 Melodie cantabili,
 Ti giungano le mie parole
 Da un oscuro squarcio
 Di cielo rannuvolato,
 Che s'anima nel tuo nome,
 O Madre!
 
 
 
 
 La mano sul cuoreUdito ho ancoraLe parole del silenzio
 A notte tarda,
 Quando s'innalza
 La mano protesa
 Sul tuo lungo sonno,
 Qual cuore scosso,
 Sfuggente il volto
 Che più m'accora,
 Ora e sempre m'accora.
 
 
 
 
 Languide esistenzeQuando parve effondersiL'aria greve al mio respiro
 Che s'addolcisce,
 Come trasognato
 Assodarsi scruto la vita
 Entro lembi impalpabili
  Ch'io per me bramai! 
 Tra quei perduti abbracci
 Di languide esistenze
 Chiuse nel loro torpore.
 
 
 
 
 CARMIRicordi ed abbandoniDel quotidiano silenzio greve, triste, sdegnato
 quali parole soggiacciono
 a rammaricati ricordi
 o miserevoli abbandoni
 che si rammentano,
 fin ad esacerbati inquieti spiriti
 che indugiano per altre genti
 
 Stanco, mi nascono parole
 soltanto un poco sussurrate,
 talor anch'esse intrise
 d'afflizione, finanche
 paghe di rimpianto,
 nel temuto accoramento
 per quanto un tempo
 fu vinto e poi perduto.
 
 
 
 
 Di nuovi segniSarà un pensiero, un ricordoil primo enigma postomi
 in artifizi, in chiave di nuovi segni
 recanti un responso, un cartìglio
 od un nobile ed insigne nome,
 albore di luna piena, giacché nascente
 o morente essa non perde forma,
 non muta l'altèra immagine
 né materia originaria sperde
 
 
 
 
 Il dolore della vitaChiuso ho il dolore contristatodella vita, quand'io medito, rimembro voci,
 quand'io odo la voce tua parlarmi,
 o Madre, ed il pensiero cogliermi
 esule a me stesso, come un fanciullo;
 quand'io ne colgo allor il mormorìo
 pietoso, il tempo m'arride  forse mordace 
 incerto nel suo vago perpetuarsi,
 nel vano perpetuarsi della vita,
 del sussultante ardimento rabbonìto
 
 
 
 
 LETTERE ALLA MADRE con Elegie e Carmi di Franco FABIANO - Ed. Montedit, 2010 - Recensione di Fulvio CastellaniPubblicata sulla rivista Il Salotto degli Autori, n. 36, anno IX, Estate 2011È assodato che la memoria accompagna, in maniera indelebile, il tragitto esistenziale di ognuno di noi, ed è altrettanto assodato che la figura della madre, in tale contesto, assume il ruolo di assoluta protagonista che non volge mai al tramonto. Franco Fabiano lo dimostra in maniera esemplare in questopera che raccoglie alcune lettere idealmente inviate alla madre e una silloge, comprendente elegie e carmi dedicati al suo volto, alla sua presenza costante anche se ora le sue mani stringono quellazzurro intenso che lha sempre avvolta in vita. Cè un lampeggiare espressivo, sia nelle epistole (che sono altrettante dichiarazioni damore e un piccolo-grande compendio di ricordi e di accelerazioni emotive), sia nelle poesie dai toni musicali eleganti e caldi che non evaporano mai, ma che via via si solidificano nel segno della fede e della speranza.
 Franco Fabiano sa scuotere la caducità del tempo, dando anche al silenzio e alle assenze una veste non di secondo piano, e riuscendo contemporaneamente a scuotere la realtà con trepidante e struggente armonia. Non sfugge il suo navigare accorto tra le certezze e le difficoltà, fra le trame mute e le ombre, tra linaridirsi delle primavere e il subitaneo errare su sentieri tranquilli in un colloquio con la madre che rischiara ogni orizzonte... Sono pagine a dir poco disegnate con acume, con amore, con precisione, con un linguaggio che coniuga alla perfezione ogni sfumatura del pensiero, ogni immagine evocata che risulta, perciò, nitida e incisiva.
 Basterebbero, del resto, queste espressioni per renderci conto del traboccante amore che la madre ha lasciato in Franco Fabiano: Le tue parole restano, i gesti impalpabili mi rassicurano, autorevoli dinanzi al livore che, talvolta, ci domina in quanto uomini, in quanto inermi creature alla mercé di un fato tristemente inesorabile. Una prova, questa, che non fa che avvalorare quanto già messo in luce nelle precedenti sue opere letterarie (Poesie al sole, Ombre di luce, Alchimie e Blue Theatre) e che approfondisce il suo discorso in chiave moderna con elementi che rimandano anche ai suoi diversi interessi culturali.
 
 
 
 
 
 
 COMPONIMENTI INEDITI 2004 - 2007Pubblicati sul N. 63 della rivista letteraria Il Salotto degli Autoriedita a cura dell'Associazione culturale Carta e Penna di Torino    SensazioneQuel ch'è affezione in sì chiave di gaudio,
 or pregno d'onore
 fieramente mi pervade.
 
 Quand'anche sgomenti
 com'ombre indugiano i cuori,
 assurge a voce insigne
 una parvenza silenziosa.
 
 Quest'ignari giorni grevi
 vibranti di parole e sensi,
 nel lieve murmure d'un'eco
 l'intrisa verità preludono.
 
 Dicembre 2004
 
 
 
 
 IncantoHai volto regale, creatura angelicata,ebbra di grazia negli occhi
 frementi di brividi, di velati
 sospiri, giacché ti duoli e gioisci
 sul limitare di ogni giorno.
 
 Hai mani ardenti, diafana figura
 di levità, quando si donano
 a codeste mani che le ricevono,
 con quale malioso ardimento
 avvinte in un intrepido bearsi!
 
 2007
 
 
 
 
 L'angeloQuest'angelo che s'inombracandide ali dispiega
 nell'ora sacra, orante pietoso
 si cela, greve di muti travagli,
 di remoti abbandoni
 t'ascolta, ti veglia, t'incensa.
 
 Qual voce carezzevole
 solenni melodie innalza
 agl'immensi cieli, discerne
 fluire la vita fuggevolmente,
 nell'atto supremo
 d'un'ideazione
 e, bensì dèsta,
 l'anima ne rifulge.
 
 2007
 
 
 
 
 ImmagineSerbato ho l'algido respirocome ottenebrato dal ricordo,
 dal declinante silenzio
 d'un'anima trepidante
 d'intimo candore; or ora
 altèra s'erge al cielo
 ammirandone nascostamente
 l'immagine tacita e fiera!
 
 2007
 
 
 
 
 Alcune liriche tratte dai suoi libri:
 
 DA "OMBRE DI LUCE" (L'AUTORE LIBRI, 1994)Fiumi di stelleIl pensierosi fa luce
 nella vena
 dei sentimenti.
 
 Epoche perdute
 negli echi
 delle voci.
 
 Si scolorano
 i fati avversi,
 si dissolvono
 i fiumi di stelle.
 
 Il lamento
 si fa luce
 nella vena
 dei sentimenti.
 
 Epoche perdute
 negli scorci
 delle valli.
 
 Si scolorano
 i fati avversi,
 si dissolvono
 i fiumi di stelle.
 
 
 
 
 L'anfora di AfroditeAfrodite,dea dell'amore;
 l'anfora è colma
 del nettare prelibato,
 tuo nutrimento
 senza fine.
 
 Il tuo vivido sguardo
 regna sugli uomini:
 essi ti amano.
 
 Labbra socchiuse,
 bagnate dal nettare
 della conoscenza.
 
 Afrodite,
 dea dell'amore;
 il tuo gesto fu
 dar pace
 agli uomini.
 
 Il tuo velato sorriso
 ancor regna
 sugli uomini:
 essi ti amano.
 
 Labbra socchiuse,
 bagnate dal nettare
 della conoscenza.
 
 Per amore dell'anima
 il silenzio è poesia!
 
 
 
 
 RedenzioneIl peccato dell'uomo,la scoperta dell'eterno
 ed il calvario
 non si placano
 dell'umano sangue.
 
 La pietra scolpita
 ricrea quel passato,
 nel vincolo terreno
 dell'unione
 vita-morte-rinascita.
 
 Il tuo spirito confonde
 il bene col male
 e quelle congiure umane,
 in quei tempi furono
 "redenzione dei popoli".
 
 A noi, invece, il vessillo!
 
 
 
 
 Tuoni e cometeSe viviamo col pensierodi morire
 Ahi! Tradimento.
 Tradimento senza fine,
 né principio.
 
 Nel regno celeste
 ci potremo amare.
 Mai! Saremo carne.
 Il corpo muterà in polvere
 e noi esulteremo.
 
 Il turbine che sentiamo
 ci scuoterà un giorno
 E saremo polvere.
 Salvata dalle rovine
 della terra.
 
 E tuoni e comete,
 lampade e nudi:
 pascere e cadere.
 
 
 
 
 DA "ALCHIMIE" (L'AUTORE LIBRI, 1996)Lacrimante solitudineIn cammino, due vecchitenevano in mano, delizioso,
 un ventaglio di ceneri nudate.
 
 Scherniti, torcevano il sorriso
 dondolanti, intristiti
 come fiori pendenti dal selciato.
 
 Il sole, santuario di gran luce,
 sognante lasciava scaturire
 ai venti i riflessi dell'aurora.
 
 Alla sera, un giaciglio di lumini,
 avrebbe accolte quelle anime
 nel biancore della brividente neve.
 
 Inesorabilmente, snudati, essi
 folleggiando si appartarono
 in una lacrimante solitudine.
 
 
 
 
 Gaudio tramontoL'orologio suonò la mezzanotteed il sole tramontava tra i ciliegi,
 separava i rami con la luce,
 li disegnava all'ombra, sulla terra.
 Stavo fermo alla finestra
 a veder nascere e morire l'aria,
 respiravo tra i canneti
 l'aroma della solennità del cielo.
 
 Il tuono spaventoso mi scoprì.
 
 
 
 
 Lieta  la notteDa lontano sento la malinconiasoffiare sommessamente sull'autunno,
 donando da millenni la sua quiete
 ai contemplati corpi addormentati.
 
 S'alzi il suo respiro incantatore!
 
 
 
 
 SpleenSognante, sorridenteporto la carcassa del mio corpo,
 ove s'appresta l'uomo
 mascherato, senza volto.
 
 Incarnato, egli come ninfa
 rapisce al sonno gli splendori,
 dando ad un cantore
 lo sgorgante pianto, puro.
 
 Bisbigliando, egli va spargendo
 gli ornamenti calpestati,
 ove altre lacrime di gioia
 trionfalmente mi ricordano.
 
 
 
 
 Da Blue Theatre (Libroitaliano, 1997)Fuoco dell'addioS'annera l'orizzonte.
 D'altre estati
 il mesto fuoco dell'addio
 trabocca
 negl'innocenti elogi.
 
 T'afferra nel travaglio
 l'ombra testimone
 che s'oscura.
 
 Marca il silenzio un'altra quiete.
 
 
 
 
 Quietata seraDiscendendo da vecchie colline, sentii lo scrosciar d'un'acqua
 che pareva silenziosa, immersa
 nella solarità dell'imbrunire,
 mentre dalle aiuole bei fiori
 sgorgavano, sgorgavano...
 
 agli occhi dei rigagnoli
 s'abbeverava il tempo alla mia fonte...
 
 
 
 
 Segrete moltitudiniMinuto, immobile, è appeso il tempo
 al filo di Crono.
 
 Un'acqua d'universo
 che languisce;
 
 la brama d'un uomo
 avvinto muore.
 
 L'ombra acceca
 al capezzale gli occhi.
 
 Perenta è l'oscurità.
 
 
 
 
 Oscuri fuochiVolgono ardenti attimi all'imbrunire, di notte,
 contro infausti deliri,
 solinghe glorie.
 
 Dimora il silenzio
 al buio di queste pietre;
 lascerò l'amore crescere,
 svelarsi agli occhi
 sacri e regali.
 
 D'un fremito chimere nutrono.
 
 
 
 
 Da I riflessi dell'anima (Edizioni Pagine, 2001)Han pause i vèntiScrutano occhiun chiaro barlume;
 l'ansante respiro
 dei vènti tra le felci
 spenge la sua eco
 sul calar del sole.
 
 D'una luce vermiglia
 nella morsa dei vènti
 vaghi mormorii s'acquetano;
 un rivo d'argento
 d'acque sorgive
 nel brulichio delle fronde.
 
 Han pause i vènti
 verso cieli prodighi;
 divina è giunta sera
 se non ìrida il sole.
 (Fecondo, il silenzio
 pervade l'Infinito
).
 
 
 
 
 Tempus fugitDove questo fragile cuoresi dona, incommensurabile,
 ad un saldo principio
 ad un credo universale,
 giacché, a cagione,
 teme e spètra e più
 s'impaura, provato
 da mille lotte infauste.
 
 E mi parlano del mondo
 genti, spaziando per quel
 senso vivo della mente,
 volenti il sublime nelle cose,
 e poi di limini danteschi
 d'una vita mortale,
 o d'un ansimo convulso
 sortito dal profondo.
 
 
 
 
 Brama di solitudineD'ombra è la stanza,crepita un fuoco.
 Silente è quest'ora
 più greve, più occulta,
 se scuote il vènto
 fiamme al crepuscolo
 schiudendo bianche porte.
 
 La mia brama  voce
 errante dall'abisso 
 si fa muta preghiera,
 un sordo dolore
 ebbro del sangue.
 
 D'impeto le mani
 tremano d'un sogno:
 anima del tempo
 anèlo al cielo!
 
 
 
 
 Sussurri d'aprileDèsto sono sul sentierod'alte chiome, a bramar
 la luce della luna
 d'un imbrunire rarefatto.
 
 Incantata vedesi aprire
 deserta una boscaglia,
 alberi imponenti di querce
 e di castagni, lunga andana
 di fittissimi fogliami,
 di verdi ammanti infiorati
 nel riverbero del sole.
 
 D'intorno v'è lietezza
 d'ombre sommesse
 e tenui sussurri aerei,
 s'io più silenti voci odo
 del mio tiepido aprile
 dolce e chiaro a settentrione.
 
 
 
 
 Da Terzo Millennio (Libroitaliano, 1997)Il sole lugubreQuietamente, velati dormono i miei occhinella tenebra, alle soglie del Miracoloso.
 Essi paiono provvidi di oblii, sospesi
 nell'incredula notte del commiato. Trepida,
 al chiaro di luna  la notte memorabile 
 come di soprassalto muore, perduta, lontana,
 immota, però vermiglia. Intesse un filamento
 di voci come impervie, ebbra s'eclissa.
 Per sempre l'amor rubato allor si compie,
 come dicesti. Null'altro mi rimorde!
 Stamani lascia che m'abbagli il sole lugubre.
 
 
 
 
 Di te morente...Agognata e vorace, in te la libertà germoglia, diviene eterna, benché ferita dall'artiglio
 della morte ingenerosa; essa s'infiamma, t'agguanta,
 ti nega il verbo per compiangerti, e implacabile
 nasconde agli occhi risoluti l'aspro sentiero
 della colpa. Consunta, ottenebrata, vile appare
 l'ombra impenitente che stana la parola.
 Il cielo sanguina. Di te morente cerco il vespro,
 sulla bocca ch'esala l'ultimo respiro.
 
 
 
 
 Sospiri dell'elisio immaginarioV'è pace debolmente, qualcosa (forse un doloreacuto che mi lacera e mi piega e mi disarma!)
 che lascia perpetuarsi in un nonnulla,
 elude la brama di quegl'occhi maliziosi
 che s'agitano perdutissimi, fino alla logora
 fantasia degl'impeti profusi alla memoria.
 L'alta fiamma s'è congiunta alacremente
 alla candela, la tempesta è udita dalle carni
 strette, avvinghiate ai corpi martoriati che,
 espandendosi nell'antro immaginario dell'elisio,
 soltanto in una stilla si raccolgono,
 come lagrime versate troppo a lungo!
 
 
 
 Da Poeti nel mondo (Libroitaliano, 1998)Vesperi lunariDovunque si scagliò un'arpia tentacolare,bramando protese poderosi artigli dal serraglio.
 Abbacinato dall'impietosa Maschera del Sole
 chi morì inulto, qui dove s'odono gemere
 nugoli di corpi, talor a ritroso gli echi
 replicare? (Fu doglia illacrimata il tempo).
 Virgineo, ebbi il cuore rotto dal sentore:
 sottese, seppero di vita e di morte le parole
 instillate nelle vene come un mero nutrimento.
 Nei vesperi lunari, d'ampi balenii pervaso,
 fui remoto enimma: visione sfumante trasfigurai
 
 
 
 
 Il corpo morituroE repente sento l'appagamento dell'animache s'intride. Tremula carne, il mio corpo
 più non ha sostanza, oggi ch'è spettrale
 il cielo, come un abisso. Ignude ombre anelanti
 travedo, di lontano, porgermi tènere mani;
 dèsto scorgo nel lucore grandi soli ch'ardono
 a suggello. D'un lento stillar di lagrime
 chi più rammenta ora? Chi sussurra addii?
 Un uomo. La forza del corpo morituro.
 
 
 
 
 Latebre del cuoreSolo vergando le mie carte colgo le memoriedi giovani tristezze perturbate:
 nessuno, in volto, ne ravvisa il segreto
 per rendermi mercede. Chiaro nome non ha
 il silenzio né prezzo né arcane origini:
 è forse un'impercettibile parola, estatica,
 che reclama plauso. Mi sorprende l'ignoto
 dei righi ch'io tratteggio (talvolta scabro
 salmeggiando!) in una temperie tumultuosa
 di tribolo o speranza. Serbato nelle tacite
 latebre del cuore  con l'avversa voce assorta 
 ho l'amaro lagno irrevocabile
 
 
 
 
 Da Agenda del poeta (Editrice Pagine, 2002)Fiore dell'InfinitoQuando in te serravi le parole,Madre, suadente una voce
 innocenti membra ridestava,
 smunte ove mi cadea il respiro.
 Soavi, le tue materne mani
 e la sublime grazia
 di quei silenzi effusi.
 
 L'intriso volto amato
 nel tuo nome, d'argentea luce
 nimbato, or più non s'inebria,
 giacché dolente è il corpo
 sull'umile giaciglio,
 solingo va serbando un'eco
 ch'è tristezza, scoramento.
 
 Creatura d'animo gentile,
 Madre, hai vividi occhi
 di fanciulla in fiore,
 pura come una lagrima
 di beatitudine: e divino
 è il tuo cuore, e sereno
 quanto un fremito d'ali
 che nel vento s'ode
 
 
 
 
 Da Le pagine del poeta (Editrice Pagine, 2007)InfinitoParole divengono silenzionon oblio, custodi
 di memorie, pensieri,
 segreti immateriali
 che si disvelano
 tra cielo e terra.
 
 E tu, anima fanciulla,
 senza più breve indugio
 volgimi ognora
 quel solerte palpito,
 ma fiera e sommessa
 al lieve mormorio balugina.
 
 Tutt'intorno s'ammanta
 di misteri immacolati,
 pur tale clemenza ridonda
 oltre l'umano gaudio:
 è l'effuso abbraccio
 d'un suggello eterno!
 
 
 
 
 RECENSIONE DEL LIBRO POESIE AL SOLETRATTA DALLA RIVISTA LETTERARIA TALENTO
 Anno III, N. 1 Gennaio-Febbraio 1993
Il bisogno continuo del conoscere, il dono della sensibilità artistica rende concreta in Franco Fabiano, esordiente nel campo della poesia, la sua opinione sulla creatività che vive nel suo io. Il fatto di essere esordiente lo pone all'attenzione particolare del lettore. E' una specie di tensione che spiega la consapevolezza della scelta dell'Autore per dare di se stesso la testimonianza essenziale della sua opera, della sua poesia: un lavoro non da poco che deve essere credibile, altrimenti saremmo ancora costretti da una specie di scetticismo sul valore di un giovane poeta.Una prima idea che ci ha colpito è quella dell'accostamento ad una forma poetica delle Poesie al Sole presentate dall'Autore. Le abbiamo accostate a quei deliziosi haiku che, com'è noto, in soli tre versi sanno esprimere tutto con invenzioni linguistiche, di pensiero, di immagini  dal tenero al piacere malizioso, dall'improvvisato al mediato, dall'affermazione al diniego.
 L'uomo nasce / nella sofferenza / e nella negazione / del suo essere (L'idea della ragione). E' uno dei tantissimi esempi. I versi non sono tre: tuttavia l'aria dell'haiku è questa. Anzi in Italia c'è la tendenza a trasformare il 5-7-5 dei tre versi in tre endecasillabi per dare una certa consistenza ad un pensiero che da noi, forse, non riuscirebbe ad essere, con i versi più corti, del tutto idoneo all'interpretazione di un pensiero di struttura, di contenuto diverso dal nostro per natura. Si dice, però, che la poesia può tutto... Piccoli ritagli / di parole segrete, / si uniscono i suoni nel corpo vocale, / intono frasi / già pronunciate, che non ti libereranno! (Ritornelli). E Tagore? Questa sorgente pura di pochi versi sgorgata in canto può diventare un fiume che, trasferito in una dimensione poetica più ampia, allarga il suo significato in significati universali.
 Franco Fabiano lascia nelle sue poesie un profumo di amore: nella sua sensibilità questo giovane poeta sa darci una dimensione d'immenso, di serenità, pur toccando toni umani, di ogni giorno.
 A sostegno delle nostre affermazioni riportiamo i versi di Luci della verità: L'aria dell'amore / profuma / dentro gli occhi tuoi. / La mente / si risveglia / dopo gli affanni. / Illumino la strada / con vari toni / di luce evanescente.
 Franco Fabiano è al di sopra delle banalità della quotidianità per vivere sempre un momento d'amore, universale, da poeta.
 
 
 Nuccio De Maina 
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